nostro inviato a New York
Quattro serate a Broadway ed è tutto esaurito, i millecentocinquanta posti dellAlice Tully Hall già prenotati nonostante i 60 dollari del biglietto non siano proprio un prezzo accattivante. E poi cè Arlecchino, alias Ferruccio Soleri, preso dassalto dalla curiosità dei tanti americani arrivati allincontro organizzato lunedì sera allIstituto italiano di cultura.
Una scommessa vinta prima del debutto per il Piccolo Teatro. Il direttore, Sergio Escobar, è convinto che il palcoscenico delloggi sia il mondo e anche se lArlecchino di Strehler non ha bisogno di conferme e imprimatur, il rinnovato interesse di un pubblico esigente come quello di New York conferma che le otto settimane in giro per gli States (durata record per unopera di prosa recitata in lingua straniera e per di più in dialetto) non sono un azzardo, semmai un investimento. «Un simile interesse lo abbiamo avuto solo per le serate in occasione delle mostre sul Rinascimento e per il clarinetto di Renzo Arbore» racconta Claudio Angelini, il volto Rai da un anno e mezzo direttore dellIstituto italiano di cultura. «Per il pubblico americano è un pezzo di arte, come andare a vedere la Gioconda» azzarda il paragone Escobar.
In tournée americana è Arlecchino servitore di due padroni, che è come dire lanima del Piccolo e a costo di essere provinciali (Goldoni e Strehler perdoneranno) è anche un po la cultura di Milano. «Arlecchino vive da sessantanni perché è Goldoni, è Ferruccio, è Strehler ed è il Piccolo. La storia del Piccolo e quella di Arlecchino coincidono perfettamente» spiega Escobar allassorta platea di Manhattan. Il lavoro di Strehler, nato nello stesso anno del Piccolo, mancava da Broadway dagli anni Sessanta e il New York Times ha dedicato un lungo articolo allarrivo di Arlecchino e ai 45 anni in maschera di Soleri: anche per il quotidiano la pièce è il Piccolo Teatro di Milano. E la città della moda - assicurano le signore ospiti dellIstituto italiano di cultura - aggiunge anche un allure trendaiola al distillato di pura cultura che sarà replicato a Colorado Spring e poi a Los Angeles, Berkeley, Ann Arbor nel Michigan, Minneapolis e infine Chicago, dove Arlecchino chiuderà lavventura negli Usa, almeno per questanno. Nel 2006 si vedrà perché linteresse per tutto ciò che fa Italia qui è alto e allettante.
«Ho pianto quando ho rivisto Soleri» si confessa una signora come fosse a un talk show. Tra il pubblico cè chi ha visto Arlecchino a Parigi, chi a Sidney e prende la parola per ringraziare e raccontare. In tanti si preparano a fare il bis al Lincoln Center Festival con lo spettacolo che andrà in scena questa sera. Paolo Bosisio, professore di Storia del Teatro allUniversità Statale di Milano, prova a dare una lettura dellappeal che va a zonzo per secoli e chilometri: «LArlecchino gira per le vie del mondo come gli attori dellantica commedia dell'arte.
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