Ma l’arsenale di Ahmadinejad è ancora limitato

La paura fa 90, anzi 600. Secondo il sito web della Repubblica islamica Assar Iran sarebbero infatti 600 i missili balistici Shehab-3 puntati su Israele e pronti a essere lanciati contro l’odiato nemico. Anzi, addirittura questa sarebbe solo la prima reazione se qualcuno volesse attaccare Teheran.
Fortunatamente si tratta solo dell’ennesima boutade propagandistica. I missili balistici Shahab-3 effettivamente in servizio sono al massimo una ventina. L’Iran aveva avviato nel 2002 un programma volto a produrne almeno 150 esemplari, ma il numero degli ordigni operativi è molto inferiore. Lo Shahab-3 dovrebbe essere derivato dal Ro-Dong nordcoreano. È un missile a propellente liquido che può portare una testata di meno di 700 kg a una distanza massima di 1.600 km, anche se una versione migliorata potrebbe arrivare a 1.900 km. Secondo alcuni analisti il missile sarebbe relativamente preciso (raggio di 30 metri di Cep, circolo di errore probabile intorno al bersaglio), ma i più ritengono che sarebbe un miracolo di Allah se il 50% dei missili lanciati cadesse davvero a meno di un chilometro dal bersaglio. In pratica lo Shahab-3 è un’arma del terrore, che può essere pericolosa se lanciata in misura massiccia contro i centri abitati, specie se dotata di una testata chimica (una testata nucleare è esclusa ancora per molti anni).
Tutti gli altri missili dell’arsenale iraniano, i 200 Shahab-1, che sono copie degli Scud B e hanno una gittata di 300 km e i 100-200 Shahab-2, alias Hwansong-6 nordcoreani, gittata di 500 km, non sono in grado di colpire in Israele.


Insomma, l’Iran missilistico non è una tigre di carta, ma le 5 brigate missili di Pasdaran per ora non hanno davvero gli artigli per far male. E meno male, perché se davvero l’Iran disponesse di 600 missili da 1.500 km pronti al lancio sarebbero guai seri, visto che il sistema di difesa antimissile israeliano sarebbe irrimediabilmente saturato.

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