L’arte dell’Ottocento con gli occhi di Mazzini

Nella rassegna anche libri come gli «Zibaldoni giovanili»

L’arte dell’Ottocento con gli occhi di Mazzini

Chiara Ennas

Il 22 giugno prossimo Genovamusei apre il Museo del Risorgimento, un tutt’uno con l’Istituto mazziniano, fondato nella casa natale di Giuseppe Mazzini. Questa apertura anticipa la mostra di ottobre a palazzo Ducale la quale proporrà un’inusuale panoramica dei pittori romantici e macchiaioli che, protagonisti di un periodo di fulgore nella storia dell’arte e della letteratura, saranno visti con gli occhi di Mazzini, attraverso il suo saggio «La peinture moderne en Italie» pubblicato nel 1841.
Nel Museo sono conservati dipinti e cimeli dedicati a tre grandi liguri: oltre a Mazzini infatti sono presenti Garibaldi e Mameli, personaggi anche delle bandiere esposte all’ingresso. Non solo dipinti e cimeli, ma anche disegni, stampe, gessi e armi, stendardi, fazzoletti patriottici, medaglie e fotografie, a cui si aggiungono i tesori cartacei conservati nell’Archivio: oltre sessantamila manoscritti su personaggi e associazioni rappresentativi del movimento democratico mazziniano. Naturalmente sono presenti opere di Mazzini, quali gli «Zibaldoni giovanili» e alcuni capitoli de «I doveri dell’uomo», e tantissimi altri libri e opere conservati nella biblioteca, arricchitasi dal 1905 dei volumi della Biblioteca popolare.
Quel che caratterizza questo museo è lo spirito patriottico con cui è organizzato e che si manifesta nella scelta delle opere d’arte presenti: non sono protagonisti tanto i vincitori del Risorgimento, quanto piuttosto i vinti di «breve periodo», Mazzini in primis, seguito da Pisacane, Garibaldi e da tutte quelle persone e personaggi ed eventi che quasi sempre vengono trascurati, come la rivolta di Genova de 1849 e dunque i cimeli, fra cui anche una camicia rossa appartenuta a Garibaldi, sono tutti oggetti di coloro che hanno preso parte al Risorgimento e che, a dispetto delle sconfitte militari e umane, hanno creato l’Italia.
Tutto questo si ritroverà anche nella mostra autunnale di palazzo Ducale, che si protrarrà però fino al febbraio successivo, e che avrà come fulcro proprio Mazzini, l’uomo dei grandi ideali e colui che per primo capisce l’importanza della nazione, arrivando addirittura ad anticipare l’idea di un Europa unita. Ma Mazzini non è solo personaggio di storia e politica, ma anche di cultura e di qui il pregio della sua immagine di «Nazione». Se con Manzoni infatti si può dire risolta la questione della lingua, andata avanti per secoli, alla ricerca di un linguaggio comune, con Mazzini si ha la proposta di unificare la penisola italiana non solo da un punto di vista territoriale, ma, e soprattutto, da quello della cultura. E questa cultura si identifica in primo luogo con i percorsi artistici e i pittori che hanno animato la vita italiana e che Mazzini conosceva molto bene, tanto da scriverne un saggio. La preferenza va con naturalezza al Romanticismo, l’età delle passioni e degli ideali per antonomasia. Ma anche al periodo dei macchiaioli, pittori «rivoluzionari» che mettono in atto sulla tela gli ideali repubblicani e democratici di Mazzini, in una forma alternativa a quella romantica, con più attenzione al colore e ai suoi significati.
I prediletti sono, per il Romanticismo, Francesco Hayez, maestro veneziano, e Luigi Sabatelli, che rappresentano gli eventi salienti della storia dell’umanità: le Crociate, la lotta greca per l’indipendenza dai turchi, le rivoluzioni del 1830 a Parigi e quelle del ’48 in tutta Europa. E proprio alla lotta greca contro i turchi appartiene Byron: è quest’ultimo ad essere oggetto di confronto mazziniano con Napoleone; sono gli ultimi due grandi uomini a fare la storia, prima che agli eroi subentrino gli ideali collettivi e civili, pur ricordando che la nazione italiana nasce dalle mani di pochi uomini. Quegli stessi ideali che animano Garibaldi e i suoi uomini, anche a Teano, Mentana e Aspromonte, con le loro camicie rosse, colore del sangue e della passione patriottica, pazientemente cucite da mani femminili, come viene rappresentato da Borrani in «Le cucitrici di camicie rosse» del 1863.


Le varie sezioni della mostra indagano in questo percorso storico e artistico, fino ad arrivare al senso di disagio negli ultimi quadri di Lega e Fattori, autore del celeberrimo «In vedetta» del 1872, quando la nazione appena formata, già cambia, tradendo gli ideali della Giovine Italia e di Mazzini, quello stesso Mazzini ormai canuto dipinto morente da Lega fra il 1872 e il 1873.

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