L’arte «dialettica» di Meneghetti

All’entrata numerose teste di gesso ostacolano l’ingresso dei visitatori, antidoto contro la passività del pubblico dell’arte

Lucio Filipponio

Dopo la Galleria sala 1 nel santuario pontificio della Scala santa e il complesso monumentale di Santo Spirito in Saxia, sono le regali sale del Museo nazionale di Palazzo Venezia, fino all’11 giugno, ad ospitare la personale dell’artista vicentino Renato Meneghetti.
Terza tappa di un percorso espositivo che ha tutti i tratti di un grande evento d’arte per la città di Roma. Quello di Palazzo Venezia è, senza dubbio, l’appuntamento di maggior prestigio sia per lo storico edificio messo a disposizione, sia per il copioso numero di opere esposte scelte come summa della produzione artistica dell’autore dal 2000 ad oggi.
Esplicito quanto spiazzante nella sua realizzazione, il tema della malattia morale e fisica, da tempo al centro della sua poetica, emerge come filo conduttore di un percorso di grande impatto emotivo. «Dalla dimensione dell’individuo a quella della società attraverso gli esempi terribili della pedofilia e dell’emarginazione, sino alla dimensione globale della guerra, allo scenario post 11 settembre - spiega il curatore Achille Bonito Oliva -. Il tutto esplicitato attraverso l’interattività dell’arte».
Sì, perché forse la maggiore cifra distintiva di Meneghetti, artista eclettico di fama internazionale con un brillante passato da pubblicitario, sta nell’intelligenza acuta di chi sa esporre un problema, di chi è profondo conoscitore dell’arte e della dialettica che può esprimere.
Protagonista indiscussa è la componente interattiva di un discorso che si snoda attraverso un percorso insolito, sorprendente. Installazioni imponenti, che attraggono e spiazzano al tempo stesso l’occhio del fruitore. Si è subito presi in contropiede dall’irruenza delle emozioni suscitate, si è subito chiamati a partecipare attivamente alla messa in scena restituendo nuovo senso alle opere. All’ingresso numerose teste di gesso a grandezza naturale «ostacolano» l’entrata degli spettatori che devono evitarle accuratamente rischiando di romperle: esplicita metafora dell’indifferenza quotidiana. Pannelli elettronici fanno vedere radiografie di ossa, crani, scheletri di quello che effettivamente sono gli uomini, una società svelata messa a nudo per l’opera denominata «La struttura segreta». Un enorme cervello di cellophane trasparente gonfiabile, che si ingrandisce al punto che ci si può entrare, è la cattedrale del pensiero.

Ci copre come una cupola informe ma solo quando è gonfia. Polemico attacco alla diffusa mancanza di pensiero.
Una riflessione sul corpo al limite del feticismo che proseguirà presso l’Archivio centrale di Stato dal 17 giugno al 12 luglio.

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