L’arte finita in una laguna di guai

Ora si è spostato. Non pochi millimetri, ma quasi due centimetri per lato. La creazione veneziana di Calatrava, il quarto ponte sul Canal Grande, l’opera tanto contestata e tanto attesa, a nemmeno un anno dall’inaugurazione è già da risistemare. Un arco lungo neanche cento metri, un crogiolo di guai. Prima ancora dell’apertura, l’opera dell’archistar di Valencia è stata tormentata dalle polemiche. Costi troppo alti, lievitati, col passare dei mesi, dai circa 5 milioni previsti a quasi quindici.
Poi i dubbi sulla struttura e sulla sua stabilità: troppe oscillazioni registrate dagli esperti, che hanno fatto subito temere per la statica del ponte. E infatti la struttura deve essere sottoposta a un monitoraggio costante da parte degli esperti, proprio per scongiurare che diventi troppo instabile. Ma non solo: ora, dopo la notizia dello spostamento eccessivo, si scopre che i lavori di manutenzione erano già «previsti», almeno una volta l’anno, ma forse anche due. E, al di là della scomodità (l’intervento causerà la chiusura del ponte, quindi i ventimila pedoni che lo attraversano ogni giorno dovranno cambiare percorso), una manutenzione così frequente comporta anche dei costi notevoli. Ma questo, pare, si sapeva fin dall’inizio. Così come si sapeva che i gradini in vetro sarebbero stati difficili da pulire e complicati da sostituire, in caso di rottura di un elemento. Un’ipotesi che, puntualmente, si è verificata. È successo nell’aprile scorso, quando due gradini in vetro sono stati colpiti: anzi «forzati», come spiegò all’epoca l’assessore ai Lavori pubblici di Venezia Mara Rumiz, «come se qualcuno avesse voluto, con una leva, scalzarli dalla loro sede». Insomma un atto vandalico, seguito di qualche mese allo sfregio portato dai writer: un graffito lungo mezzo metro, realizzato con uno spray bianco, proprio sulla struttura portante in acciaio, sul lato destro del ponte, in prossimità del basamento su piazzale Roma.
Finita? Ma no. Perché l’atto vandalico è arrivato puntuale, cioè non appena il Comune ha dovuto interrompere il servizio di vigilanza, che aveva il compito di controllare la salute della creazione di Calatrava ventiquattrore su ventiquattro, ma che, alla fine si è rivelato un po’ troppo costoso da sopportare per le casse veneziane: 1.570 euro al giorno, un’enormità. Il servizio di vigilanza era stato attivato poco dopo l’inaugurazione del ponte, in previsione dell’assalto da parte dei vandali: e, non appena è stato sospeso, gli incivili sono subito entrati in azione. Ma non solo questi gesti hanno rovinato il ponte: gomme da masticare buttate per terra o appiccicate e mozziconi di sigaretta sparsi hanno cominciato a infestare la creazione dell’archistar fin dai suoi primi giorni di vita. E poi quei gradini: troppo delicati, così leggeri ed eterei da risultare perfino invisibili a molti. Si è data prima la colpa all’illuminazione, dal basso: quei faretti, si era detto, tolgono visibilità. Ma poi turisti e veneziani hanno cominciato a ruzzolare sul ponte, e allora la soluzione è stata una sola: sostituire qualcuno dei gradini in vetro con altri più semplici, in pietra. «Normali», ma visibili. E meno scivolosi. Ma dopo la manutenzione il travaglio sarà finalmente terminato? Certo che no.

All’appello manca ancora l’ovovia, che consentirà anche ai disabili di attraversare il Canal Grande, grazie a una struttura posizionata su un lato del ponte. E, ancora una volta, la stabilità dell’opera sarà messa a rischio.

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