L’assurda fine di Daniel che nessuno di noi è riuscito a fermare

Caro Daniel, ovunque tu sia, accetta le nostre scuse. Non sono le scuse di circostanza che ci inventiamo per metterci tutti la coscienza in pace dopo qualsiasi sventura, della serie la società deve guardarsi dentro, la società deve interrogarsi, la società deve rispondere, tutto e niente per poter passare velocemente oltre. Le scuse che dobbiamo a te sono di vero cuore, dirette e personali.
Prima di tutto, scusa per averti lasciato sullo sfondo, dietro l’immane storia di Yara, che per chissà quale coincidenza astrale è tua conterranea bergamasca. Tu stesso quella storia l’hai seguita con passione, fino alla dannata sera di sabato 19 febbraio, esattamente una settimana prima del ritrovamento del povero corpo di bimba nelle sterpaglie delle vostre campagne. L’incidente stradale, più assordante e spettacolare che grave e funesto, ha poi cambiato tutto. Da quel sabato, le vostre storie parallele hanno camminato troppo distanti, nella nostra sensibilità. Eravamo rivolti verso Yara, non ci siamo accorti quanto insostenibile e sconvolgente fosse anche il tuo destino. Soltanto adesso, nel momento in cui non si può più dire, pensare, fare niente, ci accorgiamo di quanto avremmo potuto dire, pensare, fare durante i giorni della tua fuga delirante. Se tutti avessimo rivolto su di te i riflettori, i dibattiti, gli articoli di giornale, in quel modo massiccio e invadente che sappiamo, forse non saresti sfilato via così inosservato, tra le maglie delle ricerche e anche della nostra emozione.
Invece, quello che adesso non riusciamo a spiegarci - e soprattutto a perdonarci - è successo nel modo più inverosimile: ferito e choccato, hai frequentato i nostri treni, le nostre stazioni, i nostri ospedali, hai parlato con medici, carabinieri e persone di comunità spirituali. Nessuno però è riuscito a fermarti, ad abbracciarti, a darti un amorevole schiaffone per risvegliarti dalle tenebre della tua ossessione. Incredibile. Impazzivamo per immaginare dove potesse stare Yara, intanto tu ci passavi fra le mani e nemmeno ce ne accorgevamo. Dio non voglia che quella umana distrazione sul caso Yara ci abbia inconsciamente frenati, che in qualche modo ci abbia ingenerato un atteggiamento superficiale, ma sì, è lo choc del momento, poche ore e gli passa, poi torna in sé e si ripresenta a casa. In ogni caso ci abbiamo capito davvero poco. Abbiamo fatto troppo poco. Se tutta Italia si fosse trovata subito sommersa di foto, di annunci televisivi, di segnalazioni, forse non saresti riuscito a spostarti con tanta facilità. Forse qualcuno ti avrebbe riconosciuto e intercettato nel modo giusto, consapevole del tormento che ti dilaniava e del pericolo che correvi. Forse ti avrebbe bloccato contro la tua stessa volontà. E forse oggi saresti ancora qui, strappato alle tue turbe immaginarie. Forse. Nel dubbio, tra dolore e pena, le scuse te le dobbiamo.
Caro Daniel, adesso che ti hanno trovato lungo un torrente come stavi nel grambo della mamma, rannicchiato su te stesso, però senza lo stesso calore e la stessa sicurezza, vogliamo dirti anche grazie. Molti di noi apprendono dalla tua fine alcune novità sconvolgenti. Capirai: sono quelli fermamente convinti che i ragazzi di oggi siano tutti incoscienti, superficiali, immaturi, irresponsabili, vuoti e leggeroni. Improvviamente, un certo Daniel di Martinengo impazzisce invece per un incidente stradale, divorato dal rimorso, incapace di sostenere il peso del danno provocato (oltre tutto, immaginario). Certo ci sono davvero tuoi coetanei che per guai ben peggiori vanno a consolarsi tranquillamente al pub, come se niente fosse. Mi viene da pensare che magari lo stesso assassino di Yara è un tuo coetaneo, capace di vivere normalmente da tre mesi con un rimorso infinitamente più gravoso del tuo. Ma tutto questo non cambia la verità, e cioè che i giudizi di tanti adulti sui ragazzi sono soltanto pre-giudizi, perché tra di voi, oggi come ieri, così come tra noi stessi adulti, c’è posto per tutti e per tutto, bene e male, cinismo e sensibilità, coscienza e incoscienza. Casualmente, sei sempre tu a distruggere un altro dei nostri pre-giudizi generazionali, quello secondo il quale i ragazzi d’oggi non hanno voglia di lavorare, tant’è vero che restano bamboccioni fino a trent’anni: appunto, tu ne avevi venti e facevi il muratore. Se puoi, scusaci anche per questo. Caro Daniel, ora la speranza è una sola, sempre la stessa: che tu possa godere l’eterno risarcimento in un altrove più giusto e più umano. Mentre tu scopri i misteri celesti, noi restiamo qui con tanti sensi di colpa, ma soprattutto con un rimpianto vero.

Malinconicamente, pensiamo a quello che saresti diventato e che purtroppo non diventerai più: con i tuoi difetti e i tuoi pregi, i tuoi successi e i tuoi errori, i tuoi slanci e i tuoi limiti, comunque un italiano per bene.

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