Andrea Tornielli
da Roma
Cè attesa, speranza e un atteggiamento di silenzio e preghiera. Questo è ciò che si percepisce negli ambienti della Conferenza episcopale italiana il giorno dopo la fine della campagna referendaria, a poche ore dallapertura delle urne.
La Chiesa italiana aveva seguito con grande attenzione liter parlamentare della legge 40 e aveva sensibilizzato deputati e senatori cattolici a metter fine al far west della provetta. Lapprovazione della legge, avvenuta grazie a un consenso trasversale ai due schieramenti, era stata salutata con soddisfazione: pur non essendo una «legge cattolica» (per la dottrina morale della Chiesa non è lecita neanche la fecondazione omologa), quella partorita dal nostro Parlamento sembrava essere un buon compromesso: un «male minore» da difendere però come un bene prezioso. Lo scorso gennaio il presidente dei vescovi italiani, Camillo Ruini, diceva apertamente che la Chiesa si sarebbe opposta a «ipotesi di modifica della legge fatte con lintento di evitare il referendum», giudicandole unabdicazione ai princìpi, un peggioramento. Già allora Ruini spiegava, che, in caso di referendum, «sembra giusto avvalersi di tutte le possibilità previste dal legislatore». Era già, seppure implicita, lopzione per il non voto.
Proprio questa posizione è stata fatta propria dal Comitato «Scienza e Vita», fondato con il contributo della Cei da un gruppo di laici cattolici ma anche non credenti, determinati a salvare la legge 40. E in marzo, la Cei ha fatto propria ufficialmente la scelta del Comitato «Scienza e Vita» per il non voto. Non sono mancati qua e là dei dissensi in seno al mondo cattolico, soprattutto sulla volontà di far fallire il referendum.
I vescovi hanno però difeso e argomentato la loro posizione, invitando i cattolici ma anche i non cattolici a non votare. Lappello più forte e più motivato, espresso direttamente dalle alte gerarchie, è stato lanciato allassemblea generale della Cei lunedì 30 maggio prima con la prolusione del cardinale Ruini e poi con un forte discorso di Papa Benedetto XVI.
I quesiti referendari, aveva detto Ruini, «peggiorano irrimediabilmente e svuotano la legge», e la vittoria del «sì» riaprirebbe «in larga misura la porta a pericolosi vuoti normativi». La scelta dellastensione, invece, non è «in alcun modo una scelta di disimpegno», ma al contrario permette «di opporsi in maniera netta ed efficace a una logica che a prescindere dalle intenzioni dei suoi sostenitori mette in pericolo i fondamenti umani e morali della nostra civiltà». «Votare no, dato che contribuisce al raggiungimento del quorum aveva aggiunto Ruini -, di fatto è un aiuto, sia pur involontario, ai sostenitori del referendum».
Anche Papa Ratzinger, nel suo intervento, è stato esplicito e ha «coperto» pienamente il presidente della Cei e la scelta concreta adottata in questa occasione. Benedetto XVI ha detto ai vescovi: «Siete attualmente impegnati a illuminare e motivare le scelte dei cattolici e di tutti i cittadini circa i referendum ormai imminenti in merito alla legge sulla procreazione assistita: proprio nella sua chiarezza e concretezza questo vostro impegno è segno della sollecitudine dei pastori per ogni essere umano, che non può mai venire ridotto a un mezzo, ma è sempre un fine, come ci insegna Gesù nel suo Vangelo e come ci dice la stessa ragione umana. In tale impegno vi sono vicino».
Nonostante la grande eco che queste uscite hanno avuto e che hanno attirato sulla Chiesa critiche e accuse di ingerenza, i vescovi hanno cercato di tenere basso il tono della polemica e di non creare contrapposizioni artificiose. Anche in merito al dissenso, il Segretario della Cei Betori ha detto che i vescovi rimangono «perplessi» di fronte a quei cattolici che hanno deciso di andare votare. Ma non ha aggiunto nulla di più astenendosi dal dare giudizi.
La Chiesa italiana non ha fatto sondaggi ma il clima di speranza che si respira nei palazzi ecclesiastici lascia intendere che i vescovi ritengono molto concreta la possibilità che non sia raggiunto, come sperano, il quorum dei votanti.
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