Cronache

L’atto d’accusa del giudice: "Schettino stava a guardare"

L’ordinanza che ha scarcerato il comandante della Costa Concordia: "Una condotta gravemente colposa dall’inizio alla fine del disastro"

L’atto d’accusa del giudice: "Schettino stava a guardare"

Pubblichiamo ampi stralci dell’ordinan­za con la quale il gip di Grosseto non ha convalidato il provvedimento di fermo emesso a carico di Francesco Schettino dal pm e ha disposto per il comandante del «Concordia» gli arresti domiciliari in quanto non sussiste pericolo di fuga né pericolo di inquinamento delle prove.

LE ACCUSE Il Pm ha chiesto la convalida del fermo di Francesco Schettino nato a Napoli il 14 novembre 1960 per la seguente violazione:
«a) in concorso con Ciro Ambrosio (...) per avere, in cooperazione tra loro, Schettino quale comandante della nave Costa Concordia, Ambrosio quale primo ufficiale di coperta (responsabile della guardia) - per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e in violazione della normativa di settore (...) per avere mantenuto una velocità superiore a 15 nodi, ancorché in prossimità di ostacoli, in modo da non poter agire in maniera appropriata ed efficiente per evitare abbordaggi e per arrestare il natante entro una distanza adeguata alle circostanze e alle condizioni del momento), cagionato il naufragio della suddetta Costa Concordia, al contempo così cagionando la morte di Tomas Alberto Costilla Mendoza, Jean Pierre Micheaud e Francis Servel, i quali, caduti in mare, perivano per annegamento ovvero per ipotermia.
b) per avere abbandonato circa trecento persone incapaci di provvedere per sé stessi (in particolare, poiché ancora a bordo della suddetta motonave, in fase di naufragio e in ora notturna), dei quali doveva avere cura in quanto comandante.
c) per non essere sceso per ultimo da bordo della Costa Concordia, della quale era comandante, durante l’abbandono della medesima (in pericolo, siccome in fase di naufragio)».
LA ROTTA
«Sussistono i gravi indizi in ordine ai reati ipotizzati dalla Pubblica Accusa a carico di Schettino Francesco come emerge dagli atti (...). Risulta la condotta colposa contestata al comandante Schettino Francesco che mediante una manovra gravemente imprudente avvicinando la nave eccessivamente al tratto costiero dell’isola del Giglio, con un cambiamento della rotta ordinaria (...) cagionava l’impatto con un grosso scoglio costiero che determinava una falla nel fondo del natante. La deviazione di rotta e l’accostamento a 0,28 miglia dalla costa dell'isola è stata ammessa anche dal comandante (...). L’impatto con lo scoglio determinò l’apertura della falla attraverso la quale l’acqua invase i locali macchine e mandava in tilt l’impianto elettrico dei motori, cagionando il black out all’interno della nave che, prima sbandando sul lato sinistro, cominciava ad imbarcare acqua e ad inclinarsi sul fianco opposto».
IL MANCATO ALLARME «In tale frangente il comandante, per imperizia e negligenza, sottovalutava la portata del danno e ometteva di avvisare per tempo le Autorità costiere dell’incidente, riferendo che si trattava di un problema elettrico (black out), senza menzionare nell’immediato l’impatto che aveva determinato l’apertura della falla e l’ingresso di flusso di acqua in cinque locali nella sala macchine della nave e così ritardando le procedure di emergenza e di soccorso (...). È infatti accertato, nonostante le dichiarazioni di segno contrario rilasciate in sede d’interrogatorio, che il comandante non potesse non rendersi conto nell’immediato della gravità del danno prodotto (...). Nella predetta situazione, il comandante perdeva il controllo della nave che aveva i motori spenti e si spostava solo tramite l’abbrivio e i timoni. Il segnale di emergenza veniva dato solo dopo 30/40 minuti dall’impatto (come riferito dallo stesso Schettino), nel frattempo nessun segnale di allarme esterno veniva dato alle Autorità costiere (...)
L’ABBANDONO
«Alle ore 22.58 il comandante ordinava l’abbandono della nave, che comunicava alle Autorità costiere (...) ma durante le predette operazioni lasciava la nave quando a bordo nave vi erano ancora almeno un centinaio di persone (...). La circostanza è ammessa anche dal comandante Schettino (...). È tuttavia accertato che altri ufficiali ancora a bordo nave coordinarono e diressero le operazioni di salvataggio, mentre il comandante aveva raggiunto uno scoglio a bordo della scialuppa di salvataggio e si rifiutava di risalire a bordo nave ritenendo ciò un’impresa impossibile».
IL PERICOLO DI FUGA
«Premesso ciò sulla sussistenza effettiva di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestali all’indagato, non ritiene il giudicante che sussista il secondo presupposto previsto dalla legge per il provvedimento di fermo disposto a carico di Schettino Francesco, ossia il concreto pericolo di fuga. Dalle testimonianze raccolte nell’immediatezza dei fatti dalle persone che si accompagnavano al comandante appare evidente che lo stesso, una volta abbandonata la nave, rimase fermo sulla scogliera dell’isola del Giglio ove era approdato a bordo di una lancia, e guardava la nave affondare (...). Al sopraggiungere della motovedetta di soccorso il comandante saliva a bordo della stessa e veniva condotto presso gli uffici dei Carabinieri, Compagnia di Orbetello, ove ne veniva disposto il fermo. Non vi è traccia agli atti e nelle cronache della vicenda (...) di alcun tentativo di fuga. (...) Il comandante era al momento dello sbarco privo di documenti e tuttavia non risulta nessun tentativo di nascondersi o fuggire (...).
LA DECISIONE «Per questi motivi il Gip non convalida il provvedimento di fermo disposto a carico di Schettino Francesco in data 11/1/2012. Sulla ulteriore richiesta della Procura della Repubblica di Grosseto di applicazione a carico di Schettino Francesco della misura della custodia cautelare in carcere il Giudice osserva: Sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza deve integralmente richiamarsi quanto premesso in fatto nella presente ordinanza circa gli accertamenti relativi alla dinamica del naufragio oggetto di indagine, ed in ordine alla condotta gravemente colposa tenuta dal capitano nel corso di tutta la vicenda. La gravità del comportamento colposo del comandante è infatti riscontrabile dall’inizio, con l’ordinare e mettere in atto la sconsiderata manovra di eccessivo avvicinamento all’isola, nella fase dell’impatto, con il sottovalutare il danno prodottosi e nella fase immediatamente successiva al predetto impatto, con il ritardo dei segnali di allarme (...) Ma sussistono i gravi indizi di colpevolezza anche per gli altri reati contestati. (...). Il fatto che altro personale ed altri ufficiali ancora sulla nave si adoperavano in ogni modo per consentire lo sbarco dei passeggeri smentisce oggettivamente quanto dichiarato dal comandante sull’impossibilità di dirigere e gestire le procedure di emergenza e soccorso (...).
LE MOTIVAZIONI
«Sulla sussistenza delle esigenze cautelari occorre rilevare che: in ordine alla mancata convalida del fermo ritiene il Giudice non sussistente un concreto pericolo di fuga dell’indagato, non potendo per legge e costante giurisprudenza il predetto presupposto identificarsi in una mera ipotesi investigativa non supportata da alcun elemento riferibile alla sua condotta. Si ripete che lo Schettino, dopo aver lasciato la nave, non compiva alcun atto dal quale poter desumere che avesse intenzione di fuggire. Le dichiarazioni da lui rese nella Caserma Carabinieri di Orbetello, circa la sua intenzione di cambiare vita e di non voler più andare sulle navi, sono chiaramente dovute allo sconforto per il disastro provocato e non rivestono alcun rilievo nel senso dell’intenzione di darsi alla fuga. (...) Venendo al pericolo di inquinamento probatorio deve rilevarsi che quanto inizialmente evidenziato dalla Pubblica Accusa in ordine alla presunta intenzione da parte del comandante di asportare in qualche modo il Voyage Data Recorder (VDR) della nave è smentito agli atti dal documento 170, annotazione di PG del CF De Falco, che precisa il possibile fraintendimento di un’informazione data sul punto. Afferma il comandante De Falco che “a seguito del contatto intercorso tra il reponsabile della Compagnia, il sig. Mattesi Paolo presente in sala operativa ed il comandante Schettino si decise di inviare altra persona, successivamente individuata nell'Ufficiale Pellegrini Martino, poiché il comandante non appariva essere lucido”. (...)
LA PERSONALITÀ
Ricorre senz’altro l’oggettiva gravità del fatto, un disastro di proporzioni mondiali e ricorre la condotta gravemente colposa configurabile a carico del comandante della Costa Concordia. Questi fatti di natura comunque oggettiva, vanno ad aggiungersi ad una valutazione nel complesso negativa della personalità del soggetto. Ciò a parere del giudice non specificamente sotto il profilo delle esigenze cautelari prospettate dalla Pubblica Accusa, ma piuttosto sotto il profilo del pericolo di recidivanza in delitti a sfondo colposo perpetrati ai danni di terze persone affidate alla cura e responsabilità del soggetto indagato, per il ruolo e l’attività svolta. Infatti, seppure come ricordato sopra, lo Schettino ammette la propria imprudenza nel corso dell’interrogatorio, egli cerca di temperare l’enormità del suo errore con la manovra successiva, compiuta per evitare l’allontanamento della nave dalla costa del Giglio. Ricordando quella manovra nei dettagli lo Schettino afferma di essere un “bravo comandante”. Ciò appare indice di una incredibile leggerezza nel valutare la portata effettiva della condotta posta in essere ai danni di oltre 4.000 persone affidate alla sua responsabilità. (...) Su tale punto, relativo all’errore compiuto, lo Schettino ammette il fatto ma poi passa a descrivere la fase della manovra di emergenza che, a quel punto, come detto, rientrava, almeno quello, tra i suoi doveri. Ma a tale leggerezza va aggiunta anche la totale incapacità di gestire le fasi successive dell'emergenza creatasi, così ritardando i soccorsi dalla terra ferma. Infine la valutazione negativa della personalità del soggetto passa per la circostanza di aver abbandonalo la nave prima di lutti a passeggeri a bordo e di essere rimasto più di un’ora sullo scoglio ove era sbarcato in situazione di completa inerzia. In ultima analisi la grave imperizia, imprudenza, negligenza che connota la condotta del comandante rendono concreto ed attuale il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede, ossia di reati gravemente colposi commessi ai danni di terze persone affidate per l’attività svolta alla responsabilità dell’indagato.
LA REITERAZIONE
Questa convinzione del giudice non è inficiabile dall’unicità, per dimensioni, dell’evento provocato. E infatti quanto dichiarato dallo stesso Schettino durante la sua permanenza presso la Caserma dei carabineri di Orbetello, circa la sua intenzione di cambiar vita e non salire più sulle navi, apre in concreto lo scenario sulla sussistenza della possibilità oggettiva di reiterazione del tipo di reati contestati all’indagato. Lo Schettino svolge attività professionale di comandante di navi e non risulta che sia inibito nell’immediato futuro di continuare nella sua attività (...). Si ritiene che, anche in considerazione delle circostanze esposte nell’istanza difensiva, le predette e richiamate esigenze cautelari possano adeguatamente soddisfarsi con una misura meno afflittiva di quella richiesta dall'Accusa Pubblica e segnatamente con la misura degli arresti domiciliari. Se si considera infatti l’inserimento sociale dell'indagato, il fatto che egli ha una famiglia stabile con cui convive, l'assenza del pericolo di fuga, la circostanza, ricordata dalla difesa sotto il profilo della formazione professionale ricevuta e ribadita dalla condotta tenuta con gli operanti al momento del fermo, egli è abituato comunque nell’ordinario al rispetto delle gerarchie e delle regole per cui non è ragionevole ritenere che si possa sottrarre ai controlli previsti. La misura degli arresti domiciliari, con divieto di comunicare con persone diverse dai conviventi, appare pertanto pienamente idonea a scongiurare le esigenze cautelari di recidivanza in condotte criminose a sfondo gravemente colposo ad opera dell’indagato.
LA DISPOSIZIONE
«Per questi motivi, letti gli art. 273, 274, 284 c.p.p., dispone a carico di Schettino Francesco (...) la misura degli arresti domiciliari da eseguirsi presso la propria abitazione sita in Meta di Sorrento (Na) alla via Vito San Cristoforo n.10, con divieto assoluto di allontanarsi e di comunicare con qualunque mezzo con persone diverse dai suoi conviventi. (..

.)»
Grosseto, 17 gennaio 2012
Il gip dottoressa Valeria Montesarchio

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