L’attore di «Mission impossible»: «Il cinema? Senza più valori sani»

Clava in mano, grugnito in petto. Tutto elementare e facile. Soprattutto, tutto naturale. Più o meno, la formula «Io Tarzan, tu Jane»: ognuno al suo posto ed ecco servita la ricetta per la felicità. Ma da quella caverna, purtroppo, ci siamo usciti, e la modernità ci ha fregato. La convivenza tra maschio e femmina è un problema? Uomo e donna hanno punti di vista diversi, e a tratti inconciliabili, sull'esistenza? Non c'è problema, a risolvere tutto con un cocktail di ironia, sarcasmo, comicità e - perché no - anche romanticismo, c'è «Caveman», il monologo nato Oltreoceano negli «States» e diffusosi come un benefico virus in tutto il mondo. Dopo due anni e settecentodue repliche, «il monologo più longevo della storia di Broadway», scritto da Rob Becker, ha infatti conquistato record su record, oltre a meritarsi una via di New York, per decisione dell'allora entusiasta sindaco Rudy Giuliani: tradotto in quindici lingue, esportato più o meno dappertutto (nel 2009 ha occupato le ultime caselle del pianeta rimaste vuote: Argentina e Brasile, Sud Corea, Bulgaria e Slovacchia), «Caveman» è un infallibile camaleonte che, prendendo spunto dalla formula originale americana - una descrizione pirotecnica sulle scintille della vita di coppia - si adatta alle realtà locali. A portare in Italia questo spettacolo è stato Maurizio Colombi, attore, cantante e regista che, nella scorsa stagione, ha raccolto un solido successo al Teatro Derby ed è ora pronto a riportare «Caveman» in città, sul più ampio palcoscenico del Teatro Ciak, da oggi al 24 maggio (ore 21, ingresso 25-18 euro più prevendita, info: 02-76110093). Per la regia dell'amico Teo Teocoli, il «one man show» interpretato da Colombi ha in serbo novità e qualche chicca scenografica: «Dal momento che lo spazio a disposizione sarà decisamente maggiore - spiega Maurizio Colombi -, lo show si avvale di un gioco di luci più sofisticato, e dal cilindro estraiamo qualche effetto speciale inedito. È ovvio che la formula resta intatta: si adatta a casa nostra la ricetta originale. Caveman è da sempre, e ovunque nel mondo, un “work in progress”: nella versione di questa stagione, dunque, il monologo contiene nuove battute e nuovi aneddoti. Per molti di essi, tra l'altro, sono debitore allo stesso pubblico. In alcune città, penso ad esempio a Torino a fine febbraio, la risposta della gente è stata talmente positiva che la platea interagiva con me, durante lo show: una bella soddisfazione, non c’è che dire. Molte coppie poi sono venute a trovarmi in camerino a spettacolo terminato, per dirmi la loro ma anche per chiedermi consigli! In pratica, mi hanno trasformato in un consulente familiare: altra bella soddisfazione, ma un po’ più delicata. Non solo: in questi mesi sto ricevendo anche parecchie e mail. Insomma, mi sto creando un secondo lavoro». In una scenografia «primitiva» (un arredamento moderno ma cavernicolo, sullo stile dei Flintstones), Colombi racconta le differenze di visione del mondo tra uomo e donna, ma alla fine - dopo una cascata di stilettate ad entrambi i sessi - ci si ritrova ad essere vicendevolmente più indulgenti verso l'altra metà.

«È una storia che alla fine riconosce la praticità e alla pazienza della donna - spiega Colombi - ma trova attenuanti anche per l'uomo, partendo dall'istinto atavico: la femmina raccoglie e costruisce, raccoglie i frutti dalla terra e presta attenzione ai colori, e per questo ama lo shopping. Il maschio va a cacciare, è si concentra su un solo scopo alla volta».

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