L’Aurelia era meglio ai tempi dell’antica Roma

Prosegue il nostro viaggio tra le carenze delle principali strade italiane: da Santa Margherita a Varazze, 68 chilometri lastricati di disagi. Slalom tra sorpassi, pedoni che fanno footing, buche e segnali stradali abbandonati sull’asfalto

L’Aurelia era meglio 
ai tempi dell’antica Roma

Varazze - È orario di jogging. E le cose si complicano sull'Aurelia. Vero che tempo fa, qui, a piedi, ci passavano le legioni romane. Ma allora tutto era più semplice. Si andava e si veniva dalla Gallia con più ordine. Rispettando le consegne dell'imperatore di turno, spesso più chiare del Codice della strada. Oggi no, oggi è diverso: tutto è relativo.

Mercoledì, ore 19,19. Lasciata Santa Margherita voglio raggiungere Varazze, 68 chilometri a ovest, percorrendo la strada normale. E la Strada per eccellenza, la prima strada d'Italia, ovvero la Ss 1, è l'Aurelia appunto. La riflessione che ho appena fatto si è manifestata come un lampo nella mente dopo che, all'uscita da una curva cieca, ho dovuto bruscamente sterzare perché mi sono trovato di fronte due svagati marciatori che trotterellavano allegramente affiancati. Annotatevelo: quello degli appassionati di jogging, sport salutare, ma che, in certi casi mette in pericolo la salute degli altri, qui sull'Aurelia è particolarmente diffuso e si trasforma in una minaccia frequente e insidiosa.

Come una minaccia altrettanto insidiosa, lo vedremo più avanti, può essere una perfetta asfaltatura, poco prima di Varazze, dove però ci si è dimenticati di tracciare, particolare fondamentale, specie sull’Aurelia, la linea di mezzeria. Perché la Ss 1, almeno per gran parte della sua estensione, è percorso frequentato sia da pendolari, sia da vacanzieri e, come si sa, è un susseguirsi di sali e scendi, di tornanti e ritornanti. Sensazionali dal punto di vista panoramico, certo, ma che non inducono o meglio non dovrebbero indurre a correre o ad azzardare sorpassi improbabili. Ma, siccome tutto è relativo, i sorpassi ci sono. Non solo e non tanto di qualche auto, che proprio non se la sente di starmi dietro a 40 all'ora, ma soprattutto di motociclisti che, altro rischio, procedono in mezzo alla carreggiata.

In ogni Comune della riviera, da Levante a Ponente, che sto attraversando. Indisturbati. Perché di vigili urbani o anche guardie forestali che possano fare da deterrente non ne ho incontrato uno che fosse uno, per tutto il viaggio. A meno di considerare deterrente quei due soli cartelli che, l'uno all'ingresso di Recco, l'altro di Bogliasco, recitano: «velocità controllata elettronicamente area sottoposta a video sorveglianza». Tutto qui. Il traffico è lasciato al caso e al buon senso. Come se ci trovassimo a partecipare a una simpatica caccia al tesoro. Anche perché l'Aurelia, almeno in questo tratto, è un raro esempio di «nanosegnaletica», cioè di cartelli rasoterra. Fai una curva, un'altra curva e, di tanto in tanto, con una certa timidezza, appena sopra il guardrail, spunta un bel cartellino tondo che indica il limite di 50 all'ora. Per sapere a quanto puoi andare dovresti sempre guardare verso il basso (e la strada? Chi la guarda la strada, nel frattempo?).

Altra curiosità , diffusa soprattutto nel tratto iniziale è che il cartello, quando non è rasoterra lo devi comunque cercare, devi aver frequentato il corso Livingstone da piccolo esploratore per trovare, nascosto tra la splendida vegetazione di bouganvillee e oleandri, il segnale che ti fugherà i dubbi comportamentali. In tutti e due i casi, «nanosegnaletica» o segnaletica infrattata, sappiate che per tutto il viaggio, i cartelli spunteranno raramente. E con la massima discrezione.

Altre chicche: all'altezza di San Lorenzo, già illuminata a festa per la famosa notte delle stelle, il limite è di 50, ma dopo una curva, solo una curva, devo scegliere: perché sulla mia sinistra c'è un cartello che abbassa il limite a 30 mentre a destra, c'è ne è un altro che lo conferma a 50. Rimango a 40. All'ingresso di Bogliasco incontro invece il più nanosegnale dei nanisegnali: un cartellino che impone di andare a 30 perché siamo in prossimità di un dosso. Il sole, al tramonto, filtra dalle nuvole e si riflette magicamente sul golfo del Tigullio. Ci sarebbe di che distrarsi, ma non si può mollare, l'Aurelia non concede tregua. Entro a Genova, costeggiando il lungomare per immettermi sulla sopralevata Aldo Moro. I cartelli indicano il limite di 60 all'ora, ma visto che, apparentemente, non c'è ombra di autovelox , tutti mi sorpassano viaggiando almeno a 70- 80.

Superata la stazione marittima proseguo in direzione Sampierdarena. Da qui in poi incontro una serie di bizzarrie: le frecce per la Ss 1 puntano a sinistra, quando invece dovrebbero indicare dritto. Il caso limite è quando a sinistra c'è solo l'ingresso di un distributore di benzina .Tra Pegli e Voltri, dopo essermi lasciato alle spalle tutte le delegazioni genovesi e le loro focacce, i cartelli scompaiono. Riappariranno nel tratto Arenzano-Cogoleto-Varazze: dove in rapida successione mi si avverte della possibilità di mareggiate, frane, allagamenti (della serie non ci facciamo mancare niente) e del susseguirsi di tornanti (ma sull'Aurelia , fino adesso ho trovato solo tornati). Attraverso a 30 all'ora Arenzano prima spiaggia dei vacanzieri di Ponente e, appena fuori dal centro abitato, mentre s'alza il vento, le moto tornano a imperversare alternandosi a tante, troppe biciclette senza luci. Arriva l'insidia di cui dicevo all'inizio: manca la mezzeria nel tratto asfaltato che porta a Varazze, l'illuminazione scarseggia così riduco la velocità e ci entro a 30 all'ora.

Alle 21.

39 gelato alla Conchiglia davanti ai bagni Colombo e, sotto una pioggia torrenziale, faccio inversione e vado a riprendermi l'autostrada per Milano. Missione compiuta in e 2 ore e 20 minuti, diciotto in più, secondo le stime Michelin per chi sceglie (sempre che abbia tempo di guardarsi in giro) l'itinerario panoramico dell'Aurelia.
(2. Continua)

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