L’Authority: Fazio ha violato la par condicio

Il Garante invita la Rai a sanzionare «Che tempo che fa»: non rispetta le regole. Ma stavolta all’Unione l’intervento non va

da Roma

Che tempo fa? Incerto, anzi bruttino: neri nuvoloni si addensano dalle parti di Saxa Rubra. Non li ha attirati l’ormai caduco Cornacchione-Napoleone (quello che fa la parodia dei fan di Berlusconi). Ma sono comunque tuoni e fulmini decretati dall’Authority per le comunicazioni: a maggioranza ha stabilito ieri che la trasmissione condotta da Fabio Fazio, appunto «Che tempo che fa», ha violato le norme sulla presenza dei politici nei programmi di intrattenimento. L’Authority presieduta da Corrado Calabrò ha perciò «invitato» la Rai a valutare l’adozione di sanzioni disciplinari a carico dei responsabili. Pronuncia che rischia però di essere impugnata davanti al Tar del Lazio, come annunciato dal direttore di Raitre, Paolo Ruffini.
Immediata infatti la sollevazione dei consiglieri del Cda in quota di minoranza (Carlo Rognoni, Sandro Curzi e Nino Rizzo Nervo), nonché dei capigruppo di Ds e Dl in commissione di Vigilanza, Beppe Giulietti ed Enzo Carra. «La sinistra è strabica», lamenta il deputato di Forza Italia Guido Crosetto. «La decisione dell’Autorità è sacrosanta e dà ragione alle nostre proteste per le reiterate violazioni della par condicio. Nonostante l’evidenza dei fatti non vogliono accettare il verdetto e continuano a difendere Raitre. Persino attaccando l’Autorità, quello stesso meccanismo istituzionale che quasi quotidianamente chiamano in causa, spesso a sproposito». Ennesima conferma, dice Crosetto, che «se nelle regole ci incappano i loro amici, allora la norma diventa carta straccia...».
L’Authority ha preso in esame il ciclo di trasmissioni di «Che tempo fa» dal 4 novembre al 5 febbraio scorsi, ritenendo che il programma sia «da qualificarsi come intrattenimento». E registrando «l’abituale presenza di esponenti politici, intensificatasi nell’approssimarsi della campagna elettorale, senza che tale presenza trovasse motivazione nella particolare competenza degli invitati sui temi trattati». Ciò, si conclude, «ha contribuito a dare alla trasmissione una forte connotazione politica, con l’indebita introduzione, in una trasmissione non appropriata, di spazi di approfondimento politico non riconducibili a saltuarie finestre informative e non rispettosi, per di più, all’interno delle singole tematiche dei principi di parità, del più ampio pluralismo e del contraddittorio».
Strenua la difesa del direttore di Rete, Ruffini, che si dice sicuro «di non aver violato alcun atto di indirizzo». Ruffini contesta che il programma sia di semplice «intrattenimento», essendo piuttosto un talk show. Gli ospiti sono stati invitati prima del periodo della par condicio, sottolinea, e «appare surreale dire che Fini o Tremonti non fossero competenti a parlare di politica estera o economica...». Secondo il consigliere Rognoni (ds), «contrario» a prendere provvedimenti disciplinari nei confronti di Fazio, «c’è un’ignoranza di fondo: cioè che i generi televisivi possano essere classificati da un’Autorità». Scandalizzato Curzi, che vede nella vicenda «un attacco che ha come obbiettivo il dissolvimento del servizio pubblico». «Decisione incomprensibile, una vera e propria censura», la bolla Rizzo Nervo (Dl).

Per Giulietti e Carra, più semplicemente, «cercando di dare un colpo al cerchio e uno alla botte l’Autorità ha preso un granchio colossale...». «La sinistra è davvero incredibile - commenta il responsabile editoria di Forza Italia, Piero Testoni -, un esempio di falso equilibrio che si commenta da solo».

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