Crisi economica, se ne può parlare. Benvenuti in Italia, dove la recessione si affoga nel millesimato e la stangata di Monti si smaltisce meglio alle Maldive. Il Paese delle serrande abbassate, dei posti di lavoro in fumo, fa boom col comparto lusso. Come in Russia, come in Argentina, dove i ricchi non piangono. Alla classe media non resta che confidare nelle Fiamme Gialle e in un aumento di stipendio. Cifre inquietanti le nostre. I bilanci 2011 dei grandi marchi sono in (clamoroso) attivo: più 13% per il gruppo Tod’s, più 21 per Gucci, più 25 per Prada, più 33 per Bottega Veneta. E i ristoranti, come faceva notare il Cavaliere, sono pieni zeppi anche il martedì. Altro che recessione: l’industria italiana del lusso ha chiuso il 2011 con un più 10%, attestandosi al terzo posto mondiale nel settore. Certo, l’evasore se la ride.
Ma è il settore auto a fare clamore: si continua a vendere poco e il prodotto si svaluta subito. Però il lusso va sempre che è un piacere. Tipo certi gioielli, tipo una Ferrari 250 GTO del 1963, numero di telaio 5095, venduta (pare a un italiano) per 32 milioni di dollari, 25milioni di euro! Una supercar entrata di diritto nella classifica delle auto più costose della storia. La Ferrari è superata solamente da una Bugatti Type 57SC del 1936 che due anni fa fu venduta per 42 milioni di dollari. Ma basta fare un giro sui mille forum del web per capire che la 250 GTO rimane l’auto più desiderata dai collezionisti di tutto il mondo. Facile capire il perché. Nel mondo ne sono state costruite solo 39 tra il 1962 e il 1964. Già questo potrebbe bastare. Ma l’alone di fascino che circonda questa vettura è dato dal fatto che era Enzo Ferrari a decidere chi poteva o meno acquistarla. Il Drake non si faceva impressionare dai conti in banca degli aspiranti possessori. Bisognava rispondere a determinati requisiti per potersi sedere al volante della sua creatura, capolavoro dell’ingegnere Giotto Bizzarrini.
Collezionismo a parte, in generale in Italia si vendono meno supercar rispetto allo scorso anno. Tutta colpa della poca voglia di destare sospetti nella Guardia di Finanza. Detto questo, nel 2011 non c’è stato il preventivato crollo: Maserati e Ferrari hanno perso in percentuale meno di Fiat o di Peugeot (rispettivamente -15% e -17 % contro il -19% e 24 dei due costruttori generalisti) mentre Porsche ha visto aumentare le vendite addirittura del 12%. Anche a dicembre non c’è stata la prevista caduta verticale delle immatricolazioni e, nonostante il redditometro, il costo del nuovo bollo e quello della benzina, i costruttori di bolidi hanno continuato a piazzare nel nostro Paese centinaia di auto che hanno lo stesso prezzo di un bilocale e costano almeno un migliaio di euro al mese tra tasse, assicurazione, carburanti e manutenzione. Certo vendono meno, ma seguono, ad eccezione di Porsche, l’andamento negativo del mercato dell’auto in Italia che ha perso il 10% rispetto al 2010 e quasi 700 mila immatricolazioni rispetto al record di oltre 2,4 milioni del 2007. Ma a Maranello o a Sant’Agata (sede di Lamborghini) non si strappano i capelli.
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