Milano «Bocciamo Habemus Papam al botteghino. Saremo noi a decretare il successo di questo triste film, se ci lasceremo convincere ad andare a vederlo». Sono passati i tempi delle semplici «stelline» come metro della vicinanza ai valori cristiani delle pellicole. Oggi la stampa cattolica, rappresentata dal suo quotidiano principe, lAvvenire, è diventata lepicentro critico-culturale del dibattito sullultima opera di Nanni Moretti. E se nel giorno del debutto in sala la recensione «ufficiale» del film da parte del giornale dei vescovi era blandamente positiva («un film ben fatto»), ieri è stato il turno dei detrattori. Pubblicando la lettera del giornalista vaticanista dellagenzia Agi Salvatore Izzo, lAvvenire si è fatto veicolo della stroncatura più forte che «Habemus Papam» abbia fin qui ricevuto.
«È su di noi che si fa conto - scrive Izzo, facendo appello al pubblico cattolico - per recuperare linvestimento cospicuo che è stato fatto per ricostruire la Sistina in uno studio». Ma la critica di Izzo non si ferma solo al film che racconta la crisi di identità di un novello papa, ma abbraccia anche il modo in cui quegli stessi «opinionisti cattolici hanno trattato il film di Moretti(...). Non fidiamoci dei critici cattolici, anche se preti, che lo assolvono (con una ben curiosa giustificazione: Moretti poteva essere molto più cattivo)». Il papa, conclude Izzo, «non si tocca: è il Vicario di Cristo, la Roccia su cui Gesù ha fondato la sua Chiesa. Di Habemus Papam non abbiamo bisogno, noi il Papa ce lo abbiamo per davvero».
E la voce di Izzo non è la sola cui lAvvenire ha dato spazio ieri.
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