L’avvocato record: compie 100 anni al lavoro

Dal 7 dicembre 1928 non ha mai saltato un giorno di lavoro. Il presidente della camera penale Mario Boccassi lo ha premiato

Stefano Zurlo

da Milano

Una giornata come tutte le altre. È andato in ufficio, nel centro di Alessandria, alle 9 del mattino, come fa tutte le mattine dal 7 dicembre 1928, quando il suo nome fece capolino nell’albo degli avvocati della città piemontese. Solo che ieri, con un paio d’ore di anticipo sulla cena preparata dalla moglie Anna, Edmondo Ferrari ha dovuto vincere la sua ritrosia ed è andato in Municipio. Gli davano un premio, come dire?, complessivo, alla carriera: la Toga tosta, inventata dal vulcanico Presidente della camera penale Mario Boccassi. La motivazione? Semplice e insieme stupefacente: Ferrari ha tagliato ieri il traguardo dei cento anni. E l’ha fatto in trincea: lui la pensione non sa nemmeno cosa sia. È di gran lunga l’avvocato più longevo - l’aggettivo vecchio suona riduttivo - d’Italia.
E porta lo zaino dell’età veneranda con una leggerezza che ha dell’incredibile: riceve i clienti, studia i dossier, legge le riviste per l’aggiornamento, risponde al telefono; ogni tanto si siede davanti alla maestosa Olivetti, quella sì un cimelio d’altri tempi, e batte sui tasti. «Gli altri premiati si sono distinti per un anno - riassume Boccassi - lui per un secolo». Certo, visto che il tempo passa anche per lui, qualche lusso ora se lo concede: fino a un paio d’anni fa andava regolarmente in tribunale e quando i giudici, com’è normale nel nostro Paese, rinviavano i processi di 24-36-48 mesi, lui prendeva diligentemente nota su una piccola agenda nera. E non pensava nemmeno lontanamente che quelle date, così pericolosamente lontane, erano una sfida alle brume dell’eternità. Ora non più: se ne sta nel suo studio, alla sua scrivania in noce, sommersa da carte e pubblicazioni. In quella stanza semplice e disadorna, sempre uguale, Ferrari ha ricevuto qualche migliaio di clienti, ha discusso centinaia di cause, si è occupato dei guai di almeno tre generazioni di concittadini.
Non solo, ha pure trovato le energie per vivere un’esistenza ordinata e ricca di relazioni: il matrimonio e i due figli, la carriera politica come vicesindaco alla fine della guerra e poi come consigliere comunale nel Pli, la presidenza dell’ospedale, dei Canottieri Tanaro e, per quattro lustri, dell’ordine degli avvocati. Un curriculum impressionante che ha preso quasi le forme di un albero genealogico, tanto si è ramificato nel tempo e tanto le date alle estremità appaiono lontane. Appartenenti a epoche diverse: basti dire che nel 1928 gli avvocati di Alessandria erano 52, oggi sono 361 e alle loro spalle premono 215 praticanti. Un battaglione.
Lo studio Ferrari, specializzato nel diritto societario, oggi va avanti con il figlio Marco, altri quattro professionisti, tre impiegate.

Ma il capostipite è sempre lì, al suo posto. Spesso la sera è l’ultimo a lasciare la trincea: «Papà - è il ritornello di Marco - ricordati di chiudere la porta».
Già oggi, smaltita la festa, tornerà ai suoi ritmi canonici. Immutabili come una liturgia.

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