Dunque le cose si rimettono in moto, si fanno più complesse, e forse persino interessanti. Se Walter Veltroni e Silvio Berlusconi terranno fede alle loro promesse di queste ore, se riesce il micidiale uno-due innescato dallaccordo bipartizan sulla legge elettorale, il pasticcio politico che da dieci anni governa lItalia - il cosiddetto «bipolarismo» della seconda Repubblica - verrà definitivamente archiviato, senza rimpianti di chi scrive e (spero) dellintero paese.
Le vere novità, ovvero i due elementi di discontinuità che hanno infranto il vecchio equilibrio, ridotte allosso, sono molto semplici: da un lato Walter Veltroni con la sua proposta di riforma proporzionale ha archiviato per sempre i fanatismi referendari, le ubbie «nuovistiche» di certi azzeccargarbugli ulivisti, il «coalizionismo» a tutti i costi di cui una parte dellUnione era irrimediabilmente ostaggio. Dallaltro Berlusconi, con la sua proposta di rifondazione di Forza Italia gli va incontro, lo asseconda nel suo percorso e lo aiuta intrecciandolo al proprio. Leffetto combinato di questi due atti di coraggio è che diventa possibile la riforma di sistema che aspettavamo da un decennio, e che fino ad oggi non era mai arrivata per leffetto perverso dei veti incrociati e dei ricatti di minoranza. Non era Inciucio allora, quello che cercò Massimo DAlema ai tempi della Bicamerale, e non è inciucio oggi, quello che si sta prefigurando intorno a Veltroni e Berlusconi, con un grande accordo per favorire la governabilità del sistema.
Uno come me - di sinistra, ma non certo veltroniano per formazione e storia personale - non può non dare atto al nuovo leader del Pd di aver mostrato grande coraggio ed acume politico. La tecnica di Walter è sempre la stessa: guanto di ferro in pugno di velluto. Ma leffetto finale, se il dialogo tra Berlusconi e Veltroni andrà davvero in porto, sarà dirompente e innovativo: se due corazzate che rappresentano il sessanta per cento del Paese decidono di muoversi di comune accordo dentro e fuori del Parlamento, non ce nè più per nessuno. Piccoli partiti, i giocatori delle rendite di posizione, i Fini, i Casini da un lato, i Bertinotti e i Diliberto dallaltro, dovranno scegliere: o si accodano al corteo riformatore, o rischiano di essere spazzati via e si rassegnano alla marginalizzazione politica.
Ci sono altre tre considerazioni che mi paiono importanti. Da un lato cè una autentica prova di audacia politica da parte di Berlusconi, che avrebbe potuto continuare a giocare sulla propria rendita di posizione senza rischiare nulla (e che adesso si rimette in gioco). Credo che in questa scelta abbia contato molto la sua esasperazione per il freno esercitato in questi anni da quelli che lui definisce i «parrucconi» (molti dei quali si contano anche fra i suoi alleati attuali). Il leader di Forza Italia dei «parrucconi» si è rotto le scatole, vuole tornare a vincere e governare: per poter ottenere tutto è disposto a mettere in gioco anche il molto di cui dispone già. La seconda considerazione è sullo scenario: Sia per Veltroni che per Berlusconi si allungano i tempi: la riforma proporzionale li radica nei loro ruoli di leadership bipolare, ma allunga i tempi della sfida finale. Il duello per Palazzo Chigi, se il calendario diventa quello che si sta prospettando, sarà il secondo tempo di una partita complessa. Se Berlusconi avesse avuto in mente solo la propria autoconservazione avrebbe dovuto evitare questo atto di rottura. Ora può puntare ad un successo pieno e non condizionato da fattori esterni, anche se rischia di più. Credo che Veltroni avrà meno problemi, invece, a far digerire loperazione alla propria coalizione, anche perché lo sganciamento dallalleanza elettorale conviene anche a Rifondazione. Terzo: il tema del governo resta momentaneamente sullo sfondo: il governo Prodi verrà «ibernato» processo costituente, ma se mette i bastoni fra le ruote cadrà subito.
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