Caro Massimiliano, ringrazio il Giornale per aver tolto un po di polvere dai temi della scuola e delleducazione.
Parlare di educazione oggi è un piatto che a volte può sembrare una minestra riscaldata perché è facile cadere nei luoghi comuni.
Da circa trentanni la società si è messa in moto ad una velocità pazzesca ed il concetto di famiglia con lei. Educare oggi non è come educare ieri. Banale a dirsi, ma fortemente reale.
Una volta cerano gli oratori dove i nostri figli iniziavano a giocare al pallone per poi andare, verso gli 11 anni, nelle società calcistiche (Nagc). Oggi il battesimo del campo avviene intorno ai sei anni mentre gli oratori sono praticamente scomparsi. E le mitiche «piazzette» pure. Chi non hai mai giocato in piazzetta? Ma questa è la vita dove tutto cambia.
Anche i genitori sono cambiati. Oggi portare a giocare un bambino a calcio alla «veneranda» età di sei anni è diventata operazione significativa per la carriera del bambino. Il genitore è molto interessato alla performance del piccolo con la creazione di una pressione su chi è chiamato al compito di allenatore.
Ai nostri tempi praticamente nessun genitore si permetteva di discutere le scelte del Mister. Si tenga conto che allepoca le donne non si interessavano di calcio, oggi allo stadio sono più numerose degli uomini. Attenzione non è un giudizio di valore, è solo una constatazione.
Si dice male delle piazzette, si snobba lattività delloratorio per andare a creare cosa?
Il sistema in questi anni di storia è andato sviluppando se stesso in unottica auto referenziale con pochi valori con al centro la competizione con la partecipazione non come valore fondante dellazione del piccolo, ma come spinta a competere per emergere (la forza dei media è enorme in questa fase delle crescita).
Il clima sociale e culturale non ha certo aiutato. Oggi le donne lavorano tutte e quindi il bimbo per fare sport deve andare fin da piccolo in una società, pena restare a poltrire a casa. Il ruolo della donna madre, decisivo nellinfanzia, non può non essere valutato alla luce delle necessità e priorità della vita quotidiana. Cioè a dire, non possono fare le cose che si facevano ieri, ma possono farne altre utili ed imprescindibili per la crescita del piccolo. Molti analisti sparano a zero o in un senso o nellaltro, ma credo sia profondamente sbagliato dire che era meglio ieri o che è meglio oggi.
Quello che vediamo sotto i nostri occhi è che i bambini vivono in un contesto familiare difficile e molto complesso con criticità nei ruoli e nei valori da seguire. La famiglia italiana è sotto assedio e non sempre riesce a trovare la forza per andare avanti. Lo sport se «venduto bene» può essere un collante molto forte per la crescita positiva del bambino. Il problema che bisogna evitare è quello di scaricare sulla performance dei piccoli le tensioni dei padri e delle madri.
È sciocco pressare gli allenatori delle squadre dei piccoli secondo motivazioni che sono da adulti. Se tuo figlio diventa un calciatore bene, ma se non lo diventa pazienza la vita è tanto altro.
I genitori devono riavvicinare i bambini alla vita, quella vera, quella fatta di emozioni, conoscenza e valori profondi. Lo sport è anche tutto questo.
Per noi, uomini cresciuti alloratorio e nelle piazzette, ancora oggi in età non più verdissima fare una partita domenicale è sempre unesperienza fantastica figlia di una storia iniziata tanti, tanti anni fa.
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