L’emergenza umanitaria non vale per i civili fedeli al raìs

La Croce Rossa Internazionale è riuscita ad entrare a Sirte e a portarvi forniture sanitarie essenziali, ma c’è il rischio di una catastrofe umanitaria nella città natale di Muammar Gheddafi, assediata da settimane. Dopo aver concesso un tregua di due giorni per consentire a tutti i civili di fuggire, le forze del nuovo governo ad interim si preparano a lanciare l’assalto finale. Ma l’esodo continua: da più di una settimana migliaia di famiglie, a bordo di auto stracariche di vettovaglie, fuggono dalla città, situata a 360 chilometri ad est di Tripoli, in direzione di Misurata; ma una parte della popolazione, priva dei mezzi più elementari, è bloccata in città. Secondo i ribelli, gli abitanti rimasti sono stati presi come ostaggi dai fedeli del rais e utilizzati come scudi umani. Sta di fatto che a difesa dei civili lealisti non c’è la stessa mobilitazione internazionale che c’è stata per le vittime degli attacchi del rais, segno che i civili non sono tutti uguali. Dopo la conquista dell’aeroporto, della strada di scorrimento rapido e di una delle zone gheddafiste più importanti, i ribelli sostengono di avere il controllo dell’80% della città, che però ancora oppone una forte resistenza.

La principale difficoltà sono i franchi tiratori appostati sui tetti e alle finestre degli edifici, che impediscono di entrare nel cuore della città. «Quando tutto il centro città sarà evacuato dai suoi abitanti, la conquista di Sirte sarà una questione di ore», assicura Ahmed Bani, portavoce militare del Cnt. Ma per ora non è così.

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