Scalarlo, come fece King Kong nel celeberrimo film, non sarà possibile. Ma acquistarne almeno un pezzo, sì. L’Empire State Building, uno dei simboli di New York, verrà infatti quotato a Wall Street. Sulla carta, si tratta di un’operazione da 5 miliardi di dollari, quella messa a punto dalla famiglia Malkin, per portare in Borsa il grattacielo più alto della Grande Mela dopo il crollo delle Torri Gemelle.
L’Empire State Building è l’asset-gioiello che verrà fatto confluire nell’Empire Reality Trust, la società veicolo appositamente creata per approdare al listino azionario newyorchese. Una «scatola» che dovrebbe anche contenere il Grand Central, edificio di 55 piani vicino alla stazione di Grand Central, e il 250 West 57ª strada, building di 26 piani a Midtown. Ai tre grattacieli di Manhattan verrebbero aggiunte nella società veicolo alcune palazzine nei pressi di New York, nelle contea di Westchester e in Connecticut. L’obiettivo dell’operazione è duplice: da un lato usufruire dei benefici fiscali accordati dalla normativa statunitense, in base alla quale il 90% degli utili generati da un Real estate investment trust va distribuito ai soci; dall’altro, utilizzare la quotazione come molla per aumentare l’appeal degli uffici dell’edificio dati in affitto. A cinque anni dall’acquisto, i Malkin hanno investito nell’Empire oltre mezzo miliardo di dollari nella sua ristrutturazione. Oltre ad aver ripristinato l’ingresso nello stile originale art deco e ad aver sostituito le sue 6.514 finestre per abbattere i costi energetici, gli architetti hanno ripensato la metratura degli spazi interni, ora disponibili in tutte le metrature. Finora, però, i profitti derivanti dall’affitto dei locali sono stati bassi, se non addirittura nulli. È un po’ il solito, vecchio punto debole dell’Empire.
Quando venne costruito nel 1931, in poco più di un anno, l’America stava vivendo sulla propria pelle gli effetti nefasti della Grande Depressione. E così il grattacielo, a causa delle stanze rimaste tristemente vuote, si meritò l’appellativo poco lusinghiero di Empty State Building. Solo vent’anni dopo la sua costruzione la società che gestiva il grattacielo iniziò a fare utili.
Occupare i suoi 381 metri di altezza (esclusi i 62,2 metri dell’antenna televisiva posta sulla sua cima) non è, insomma, mai stato facile. Più semplice, invece, gonfiare le casse grazie agli introiti che da sempre sono assicurati dalla terrazza che permette una vista mozzafiato ai milioni di turisti (quattro milioni di persone solo nel 2010) che ogni anno occupano l’osservatorio. Gente disposta a sborsare 20 dollari per il biglietto normale, oppure i 50 dollari necessari per evitare la coda all’ingresso. «Non avrei mai immaginato» che l’osservatorio dell’Empire State Building potesse generare 60 milioni di dollari di utili, afferma il magnate dell’immobiliare Richard LeFrak, il cui impero include appartamenti, uffici e hotel a New York e in New Jersey.
L’avvio della missione Wall Street avviene in un momento in cui la ripresa Usa sta perdendo vigore e il nodo della disoccupazione è rimasto sostanzialmente irrisolto. Ma gli ultimi segnali provenienti dal settore immobiliare, fortemente penalizzato dopo la crisi dei mutui sub prime e dalla conseguente recessione, sembrano indicare che il peggio è passato. Del resto, gli immobili di Manhattan sono in una fase di ritrovato vigore delle quotazioni.
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