L’enigma Enya fra sacro e profano: il mio nuovo disco celebra il Natale

da Londra

Scende la neve, artificiale quanto surreale, sul maestoso palazzo del Two Temple, a due passi dal Tamigi. Enya, vestita di tutto bianco, ci invita a sentire il suo settimo album And Winter Came, in uscita il prossimo 10 novembre. Quarantasette anni, da venti nella musica, un alone di mistero che da sempre l’accompagna, Enya ha venduto 70 milioni di dischi e ha vinto quattro Grammy Awards come migliore artista New Age. Della sua vita privata non si sa nulla, tranne che vive barricata in un castello vicino a Dublino e spende cifre esorbitanti per tenere lontani i paparazzi.
E così Enya si è potuta permettere il lusso di non esibirsi mai dal vivo. Non che sarebbe facile riproporre sul palco quel suono etereo, unico e immediatamente riconoscibile. Come minimo avrebbe bisogno di una cinquantina di cloni, cinquanta strati di voci accompagnate da un orchestrazione altrettanto traboccante. And Winter Came è dedicato al Natale e all’inverno: «È la stagione che più mi ispira, perfetta per lavorare». E se l’idea iniziale era una raccolta di canzoni natalizie, in studio le cose hanno preso un’altra piega: «Tenevo molto a presentare nuove versioni di O Come, O Come Emmanuel e Silent Night, brani che cantavo col coro in chiesa». Canzoni tradizionali dunque ma anche idee nuove, come in My! My! Time Flies dove per la prima volta compare addirittura una chitarra elettrica. «È un omaggio al grande chitarrista irlandese Jimmy Faulkner scomparso recentemente; un eroe di cui nessuno parla». E ancora Trains And Winter Trains, che ha un incedere quasi drammatico: il testo, noir, parla di un attentato dell’Ira.
I versi li scrive Roma Ryan, mentre gli arrangiamenti e la produzione sono del marito Nick Ryan; ogni brano è firmato dai tre. «Mi piace comporre con calma - confessa Enya -. Posso metterci anche mesi a trovare la melodia giusta e solo dopo averla proposta a Roma e Nick l’idea si trasforma in canzone».
Negli anni, la sua voce trasognata ha cantato in molteplici lingue, dal gaelico al latino al giapponese; e in loxian, idioma inventato da Roma. Con versi che creano immagini o che le accompagnano alla perfezione quando si tratta di colonne sonore, come per Il Signore degli Anelli, dove May It Be gli è valsa anche una nomination all’Oscar.

«Ma non interrompiamo mai la lavorazione di un album per scrivere musica per film», anche se questo significa rifiutare colossal come Titanic. Enya rimane artista impenetrabile, come il suo sguardo, tanto gentile quanto inquietante: «Non ho bisogno di cambiare la mia immagine, a vendere ci pensa la nostra etichetta, io penso a far musica».

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