Economia

L’era del «tappo tecnologico»: la sfida di due fratelli astigiani

Per un nuovo prodotto fino a un anno di ricerca. I materiali? Addio al sughero, oggi solo alluminio, plastica e sintetico

Sono tra i leader europei nella produzione di tappi. Non quelli tradizionali di sughero, ma tutta la gamma di chiusure alternative, dalla plastica all'alluminio e al sintetico. Più o meno tre miliardi e mezzo di chiusure l'anno, destinate in particolare all'industria alimentare: acque minerali e soft drink, alcolici e superalcolici, vini e spumanti, olio e aceto, caffè, noccioline, cioccolato. Già, anche il cioccolato come la Nutella. Chiusure grandi e piccole ma tutte con un'ottima resa qualitativa. E ora i fratelli Goria, Erminio Renato e Francesco, lanciano sul mercato anche il tappo sintetico per lo spumante con la stessa forma a fungo del tappo di sughero. Una sfida, riconosce Erminio Renato, per tutti molto più semplicemente Renato, come il padre, «davvero molto impegnativa che ha richiesto più di un anno di ricerca». Spiega a sua volta Francesco, considerato il creativo della famiglia: «Volevamo per il mondo delle bollicine un tappo sintetico simile per colore, tatto e resa alla versione in sughero e contemporaneamente intercambiabile utilizzando lo stesso macchinario».
Calcio, tennis e batteria. Tra i due fratelli c'è una differenza di età di soli due anni. Francesco, il maggiore, è del 1957, Erminio Renato del 1959. E sono in azienda, l'Alplast di Tigliole, in provincia di Asti, sin dagli anni Settanta quando il bastone del comando era ancora tenuto saldamente nelle mani del papà, Renato. Francesco, diploma da geometra, grande appassionato di musica e di calcio al punto da avere suonato da ragazzo alla batteria e avere giocato come centrocampista in una squadretta dilettantistica, c'è dal 1976; Erminio, ragioniere, discreto giocatore di tennis sino ad arrivare al livello quasi professionistico, dal 1979. Dividendosi da subito i compiti in maniera molto netta. Francesco, oggi presidente dell'Alplast, si occupa da sempre della produzione, delle vendite, del marketing ed è anche quello che sforna le idee per i nuovi prodotti; Erminio, che ha invece il ruolo di amministratore delegato, è l'uomo dei numeri: segue in particolare i conti. «Siamo due imprenditori che cercano di lavorare in team», riconosce con molto buon senso Erminio.
Alluminio per il vermouth. La famiglia Goria produce tappi e chiusure per bevande e alimenti da oltre mezzo secolo. All'inizio c'è infatti Renato, un ragioniere del 1921, originario di Tigliole, il quale commercia vinacce: le compra dai contadini e le vende ai produttori di grappe. Ed è proprio facendo questo mestiere che scopre un particolare curioso: i tappi in alluminio per il vermouth e i distillati sono comprati all'estero, in particolare in Gran Bretagna. Anzi, a Milano è sorta da poco proprio una fabbrica su licenza inglese per rifornire il mercato italiano. Così Renato capisce che c'è ancora spazio in quel campo, contatta un tecnico del settore e nel 1953 impianta una fabbrichetta a Torino, dapprima in corso Moncalieri e poi a Borgaretto. La chiama Capsule in quanto produce quelle chiusure in alluminio per le grappe e i liquori conosciute normalmente proprio con il nome di capsule. Al suo fianco la moglie, Maddalena Rigamonti, altra specialista nella vendita.
All'inizio Renato Goria produce capsule in alluminio con guarnizioni in sughero, alla fine degli anni Sessanta sostituisce le guarnizioni di sughero con la plastica, nel 1970 passa decisamente alle chiusure in plastica. Per i liquori in particolare ma anche per i vini. Costituisce allora a Tigliole d'Asti l'Alplast, un nome ottenuto dalla sintesi delle due materie prime utilizzate nella produzione, l'alluminio e la plastica. L'Alplast assorbe la società Capsule di Torino e accentra l'intera attività in un'unica sede.
Il passaggio di testimone. Renato scompare nel 1980, quando in azienda ci sono già i due figli, esponenti della seconda generazione, i dipendenti sono una trentina e il giro d'affari è l'equivalente di 1,7 milioni di euro. E sono proprio loro due ad avviare quell'attività di ricerca che porterà alla realizzazione di nuovi prodotti tecnologicamente molto avanzati e coperti da brevetti internazionali. Anche in questo caso i compiti sono distinti: Erminio porta al fratello le richieste del mercato, Francesco ha le idee per realizzarle. Nel 1983 l'Alplast entra così nel settore delle acque minerali e delle bibite, è anzi una delle prime a produrre capsule per il pet, la materia prima per le bottiglie in plastica.
L’invenzione per i vini fermi. Alla fine degli anni Novanta altra svolta fondamentale: l'Alplast è tra le prime aziende italiane a fornire un tappo sintetico di nome StarKock per i vini fermi. Un tappo dal marchio registrato in grado di sostituire quelli di sughero. E se nel 1999 la produzione è di appena un milione di pezzi, sei anni più tardi, nel 2005, raggiunge i settanta milioni. La famiglia dei prodotti si allarga in seguito con il tappo «a T» con bordatura zigrinata, il T-Korck, per liquori e grappe. Quindi è la volta nel 2003 del WineCap, il primo tappo a vite per bottiglie di vino di alta qualità. Una soluzione molto innovativa, spiega Francesco, «in quanto il tappo, oltre ad avere una sua eleganza e praticità, ha particolari guarnizioni di tenuta che rendono la chiusura la migliore in assoluto, conservano le qualità organolettiche del vino e offrono la possibilità di richiudere la bottiglia una volta aperta». Ed è una soluzione che piace in particolare all'estero, nei mercati inglese e statunitense e nelle nuove realtà vinicole mondiali, dall'Australia alla Nuova Zelanda e al Sud Africa. Alla fine del 2005 il lancio poi del tappo sintetico per lo spumante.
L'Alplast, quartiere generale sempre a Tignole e tremila clienti distribuiti in una quarantina di Paesi, dalla Pepsi Cola alla Campari, dalla Bacardi-Martini alla Ferrero, dalla Nestlé alla Gancia e allo Stock, ha un fatturato di 44 milioni di euro, realizzati per la metà con l'export. Più esattamente: il 70% in Europa, il 30% in Medio Oriente. Non c'è invece il mercato americano in quanto negli Stati Uniti, spiegano i due fratelli, «sono utilizzati altri tipi di chiusure». Il 40% del giro d'affari è rappresentato dalle capsule in alluminio per alcolici e superalcolici, il 21% dalle chiusure per latte, olio, caffè e cioccolato, più del 25% dalle chiusure per altri tipi di alimenti, dai sottaceti alle mentine, il 12% dai tappi per vini e spumanti. Ed è proprio il settore dei vini e spumanti quello destinato a crescere fortemente.
Il settore ricerche. I dipendenti sono 174 sparsi in tre stabilimenti: due a Tigliole (chiusure in plastica e alluminio) e uno a Oggiono, in provincia di Lecco, specializzato nella litografia sui fogli di alluminio. L'ufficio ricerche assorbe investimenti nell’ordine di 6-700 mila euro all'anno. Ma, chiarisce Erminio, «in realtà non è proprio così in quanto tutta l'azienda fa ricerca. Senza l'innovazione, non saremmo competitivi».
In effetti i fratelli Goria investono parecchio. Tra il 2000 e il 2005 hanno speso undici milioni di euro in impianti e attrezzature. E nella seconda metà del 2006 inizieranno la costruzione di un nuovo stabilimento a Celle Enomondo, sempre nei dintorni di Tigliole, che arriverà ad occupare dodicimila metri quadrati di superficie coperta. All'investimento immobiliare, previsto in cinque milioni di euro, si aggiungeranno nel triennio 2006-2008 altri 15 milioni di spesa per impianti e attività di ricerca. La filosofia del gruppo, spiega Erminio, sposato con Antonella Graziano, ex impiegata di banca, e padre di Lorenzo, 1990, studente, «è di mantenere centralizzata la produzione in Italia in quanto la manodopera incide per il 10% sul prodotto finito e quindi non c'è un particolare vantaggio nel delocalizzare».
Francesco, sposato con Tiziana Raniero, ha invece tre figlie: due gemelle, Michela e Francesca, 1980, e Eugenia, 1987. Le due gemelle, esponenti quindi della terza generazione dei Goria, sono già in azienda: Michela segue la parte finanziaria e amministrativa sotto la direzione dello zio, Francesca si occupa con papà del marketing e della comunicazione. Spiega Erminio Goria: «Siamo una media azienda a carattere familiare con alta rapidità decisionale e innovazione continua». E decisa a rimanere nella nicchia dei tappi. L'unica diversificazione che i due fratelli hanno effettuato con la holding di famiglia, la Goria Partecipazioni, divisa tra loro in parti uguali, consiste infatti in una quota del relais San Maurizio, a Santo Stefano Belbo, nei pressi di Canelli. Un relais a cinque stelle.


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