L’erede al Chelsea parte piano e vola basso «Pari con lo Stoke? Non è la fine del mondo»

LondraSi sforza di vedere il bicchiere mezzo pieno, Andre Villas-Boas, nonostante il grigio debutto in Premier League. Un pari senza reti sul campo dello Stoke, non proprio un top-team, che raffredda l'entusiasmo di inizio stagione del Chelsea. Certo non mancano le attenuanti per i Blues, a cominciare dall'emergenza a centrocampo dopo la partenza di Zhirkov e l'infortunio di Essien. Ma il giovane portoghese anche al Britannia Stadium non si è smentito, confermandosi una volta di più l'anti-Mourinho. Nessuna polemica, zero dichiarazioni sensazionali, totale assenza di frasi sibilline o provocatorie. Nonostante il punto non ridimensioni le ambizioni stagionali della sua squadra, di certo solleva più di un dubbio la pochezza della prestazione. «Non è la fine del mondo un pareggio su questo campo perché non credo che possa compromettere la nostra corsa al titolo. L’importante è continuare a lavorare».
Dal mercato si aspetta ancora rinforzi, quelli che finora Roman Abramovich gli ha negato. Ma piuttosto che lamentarsene davanti ai taccuini, prende tutti in contropiede elogiando la duttilità tattica dei suoi. Dichiarazioni all'insegna di un ostentato understatement che segnano il confine di personalità tra lui e il suo ex mentore. D'altronde lo stesso Villas-Boas non ha mai fatto mistero - nella sua lista di debiti di riconoscenza - di nutrire un grato affetto per Bobby Robson, con il quale ha iniziato la carriera ai tempi del Barcellona, e di ispirarsi (tatticamente e non) a Pep Guardiola. Con Mou i rapporti da tempo si sono raffreddati. Questione di stile, forse di temperamento. Tanto istrionico lo Special One, quanto compassato il 34enne ex tecnico del Porto. Che Abramovich ha pagato come un attaccante (oltre 15 milioni di euro), chiedendogli la Champions League. Prima riluttante, forse per evitare troppo presto il confronto con la pesante eredità di Mou, alla fine Villas-Boas ha firmato. Accettando una sfida che (almeno per il momento) deve sostenere con lo stesso identico organico che ha avuto a disposizione Carlo Ancelotti.
Una squadra con la carta d'identità ormai ingiallita, è probabile che arriverà qualche rinforzo (Luka Modric del Tottenham la prima scelta), ma per il momento Villas-Boas tace e lavora. «E' vero, abbiamo qualche problema a centrocampo, siamo un po’ pochi – ammette a fatica il portoghese -. Ma abbiamo molti giocatori versatili. Ho già chiesto a Benayoun e Malouda di giocare all’occorrenza in posizione centrale».

Per sua stessa ammissione intende il football all'opposto di Mourinho di cui peraltro è stato a lungo assistente (anche all’Inter). «Il calcio non è un one-man-show. Conta il lavoro del gruppo, dai giocatori ai dirigenti, passando per i quadri tecnici. Non c'è nessuno più grande del club». L’esatta antitesi dei toni dello “Special One”

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