da Roma
E tre. Dopo Lanfranco Turci e Biagio De Giovanni, ieri è toccato a Salvatore Buglio, lunico deputato operaio (una vera rarità), annunciare labbandono della Quercia per la Rosa nel pugno. Colpa del Partito democratico, della scarsa propensione al socialismo, della totale assenza di liberalismo e laicismo dalle parti del Botteghino. Si dice che molti altri diessini stiano pensando al gran passo, sedotti dallabbraccio tra Boselli e Pannella. La Rosa sta diventando una spina nel fianco dellex partitone che viene giudicato antiquato e poco coraggioso. «Un vero fatto nuovo nella storia della sinistra - dice lo storico Biagio De Giovanni -, che potrebbe essere destinato a scuotere questo grande corpo elettorale che è diventato il partito dei Ds, senza unidea centrale, senza una linea chiara su molti temi».
Una salutare «iniezione» di laicismo e liberalismo nel tronco asfittico della Quercia. «Turci ha fatto quello che vorrebbero fare molti altri diessini, ma non hanno avuto ancora il coraggio di farlo», rivela il senatore socialista Biscardini. Chissà se ne vedremo delle belle. Di sicuro, scrive il Riformista, «la miniscissione nasce dal fatto che oggi, significativamente, Mussi e Salvi si trovano più a loro agio nei Ds di Turci o De Giovanni». Le scelte dei parlamentari ex ds mettono in evidenza soprattutto «le contraddizioni politiche del sedicente Partito democratico», dice Biscardini. Il matrimonio forzato da Prodi oggi è una semplice alleanza elettorale, domani si avvia a essere «una riedizione del compromesso storico, cioè linsieme di due debolezze», lamenta Buglio.
Non si tratta di scelte «opportunistiche»: ne è convinta Katia Zanotti, ds in prima linea assieme a Turci durante la battaglia per il referendum sulla legge sulla fecondazione assistita, ma non ancora convinta di compiere il gran salto. Anche per Giacomo Mancini, precursore del tragitto Quercia-Rosa, queste scelte «rivelano la debolezza del rapporto tra Ds e Dl», partiti che lungi dallassumere un respiro europeo «si attardano finendo per allinearsi alloscurantismo del cardinale Ruini». Lo stupore e le lamentele manifestati da esponenti del Botteghino, rispetto al mini-esodo, «stupiscono» il deputato Enrico Buemi, che ricorda come nel passato il tragitto sia stato per lo più inverso. «Noi non abbiamo mai demonizzato le scelte di socialisti che sono andati nei Ds», aggiunge il vicesegretario socialista Roberto Villetti, rallegrandosi per linversione di tendenza. Problemi per lUnione non ce ne saranno, tanto che Romano Prodi lo definisce «un normale passaggio allinterno della coalizione che non cambia certamente né i rapporti di forza né i programmi che abbiamo sottoscritto». Programmi che andranno rispettati, aggiunge Prodi.
Mentre Bertinotti, che non ha condiviso nel recente passato le preoccupazioni di Pdci e Verdi rispetto alla Rosa nel pugno, si limita a ricordare ai nuovi compagni di strada che «se sui Pacs ci fossimo comportati come la Rosa nel pugno, abbandonando il vertice, non avremmo ottenuto nulla...». Meglio, molto meglio, «accettare un compromesso che contiene anche un punto di arretramento». Certo è che se la Rosa continuerà a ingrandirsi non avrà bisogno di scene madri e pugni sul tavolo per contare qualcosa.
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