Politica

«L’espresso» si indigna per le querele del Cav ma intanto lo trascina davanti al giudice

Non si può perdere tempo. Quando c'è di mezzo Silvio Berlusconi, quando «l'imputato» è il capo del governo italiano, i processi bisogna farli presto e bene. Metti mai che il Cavaliere possa inquinare le prove. O fuggire a bordo di un suo yacht o di uno dei suoi aerei privati. O chiedere asilo politico a Putin. No, non c'è tempo da perdere, soprattutto se a reclamare il presunto torto subìto, è il Gruppo Editoriale l'Espresso. Se sono loro, quelli dell'Espresso, che poi sarebbero gli stessi di Repubblica (quelli stessi insomma che un giorno sì e l'altro pure attaccano il premier) che chiedono che sia fatta giustizia. Che pretendono che il premier sia prima di tutto processato e poi magari pure condannato in modo esemplare.
Sulla scorta di queste certezze, che dovrebbero servire come illuminante esempio all'intera macchina della giustizia italiana, si terrà quindi il prossimo 23 dicembre in Milano la prima udienza relativa alla causa civile avviata giust'appunto dal Gruppo editoriale di Carlo De Benedetti nei confronti di Silvio Berlusconi. Vi aiuterà a inquadrare meglio i fatti la ricostruzione della vicenda che hanno fatto i querelanti. Quelli che di solito infangano e sfottono il premier, lo hanno citato in giudizio, più o meno ieri, era la fine di luglio, e hanno messo tra virgolette nel documento presentato dai loro avvocati una sua frase. L'accusavano e l'accusano infatti di concorrenza sleale e di boicottaggio perché il 13 giugno, durante il suo intervento all'assemblea del Giovani industriali a Santa Margherita Ligure, il presidente del Consiglio, sostengono i legali del Gruppo Espresso, «ha accusato il quotidiano La Repubblica di un attacco eversivo nei suoi confronti e nel contempo ha istigato gli industriali a boicottare e interrompere gli investimenti pubblicitari».
Da qui l'esposto e la citazione civile. Dunque, ricapitolando: il fatto, o meglio la frase incriminata è stata pronunciata il 13 giugno (naturalmente di quest' Anno Domini 2009), l'esposto è stato presentato alla fine di luglio e a dicembre, addirittura l'antivigilia di Natale, si celebrerà questo processo dell'anno. Che zelo, che celerità. Che invidiabile esempio di efficienza di cui almeno in un’occasione ha finalmente dato prova la nostra sonnecchiante magistratura.
Che peraltro nella fattispecie non ci finisce di stupire. Non solo come appare evidente, calendario alla mano, la prima udienza si terrà prima dei grandi ponti, per non infilarsi nelle sabbie mobili delle vacanze sulla neve o, peggio, dei cenoni un po' troppo debordanti di qualche cancelliere che quindi potrebbe non essere così lucido come il capitale processo impone. Ma, vista la delicatezza del caso e considerato l'imputato in questione, quella davanti alla prima sezione, sarà addirittura un'udienza ad hoc, che si è infilata di peso tra tante altre udienze che si stanno stancamente trascinando avanti. Un'udienza ad hoc cui è stato trovato posto fuori dal calendario «routinario». Così si fa, che diamine! Oddio si potrebbe fare così anche per un povero disgraziato che magari aspetta da cinque, sei, magari anche dieci anni di avere giustizia per altri generi di torti. Ma quella è un'altra storia. Magari banale, magari ordinaria. Mentre quest'altra, quella dell'Espresso e di Repubblica (che detto per inciso avevano anche presentato alla Procura milanese un esposto nei confronti del presidente del Consiglio ipotizzando i reati di diffamazione, abuso d'ufficio e violazione della disciplina in materia di market abuse) è una storia esemplare.


Una storia che merita, giustamente, di passare alla Storia.

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