«Essere di sinistra destate, anzi questestate, significa riflettere sul senso dellesistenza e delle sue meritate e doverose vacanze, non per questo totalmente estranee alla categoria dellincubo, soprattutto quando si trasformano in un dovere», ammonisce Fulvio Abbate su lUnità. E aggiunge, tra i compiti ferragostani: «Scoprire che la tv ha ucciso ogni speranza di cambiamento nellintimo delle persone»; «diffidare doverosamente dogni potere che pretende di rassicurarti sui giorni che verranno»; «constatare quanto sia difficile il semplice pensiero di cambiare il mondo».
Annoto e medito. Sarà perché continuo a ritenermi di sinistra, e quindi lapocalittico decalogo dovrebbe riguardarmi almeno un po. Invece no. Tanto più che nel chiudere la rubrichetta, lo scrittore raccomanda di «affidarsi al sogno più spesso», a «uno straccio di doverosa utopia», per evitare di «mandare giù i rospi di un equivoco senso di responsabilità». Neanche Veltroni, che venera i sogni almeno quanto Marzullo, teorizzerebbe simili sciocchezze. Eppure il «doverista» e molto artista Abbate coglie unidea piuttosto diffusa a sinistra: la presunta paura delle «emozioni», le stesse evocate su lEspresso da Moretti.
Magari bisogna intendersi sul concetto. Che cosè emozionante? Ritrovarsi insieme a un girotondo o in piazza? Stordirsi a un concerto per lAfrica? Urlare «Berlusconi vuole comprarsi lItalia»? Su una cosa, però, do ragione ad Abbate. Quando invita a interrogarsi sulla solitudine dei «vecchi che vivono nelle nostre città».
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