Morire a Mestre. Con tutti i bei posti che ci son in Italia, proprio a Mestre doveva recitare Casini il suo de profundis. Ma oltre a essere brutta (e i mestrini non me ne vorranno perché sono i primi a riconoscere lo scempio storico di quel luogo) la città è una tipica testimonianza di quelle urbanizzazioni cresciute disordinatamente.
Casini va là per proclamare il suo strappo dal Pdl e siccome la scelta dei luoghi per fare qualcosa rispecchia sempre la simbolicità dell’anima, evidentemente il leader dell’Udc intendeva rappresentare con la massima umiltà la sua decisione. Sul piano umano la scelta è onorevole; sul piano politico è incomprensibile. Cosa hanno fatto invece Berlusconi e Veltroni? Una meticolosa scelta del luogo per iniziare la loro campagna elettorale. Si dirà: tutta apparenza, dettagli che non toccano la sostanza, la gente bada al sodo e vuole conoscere programmi e uomini che dovrebbero realizzarli.
Tutta apparenza fino a un certo punto. Le immagini rappresentano un modo di pensare e un’intenzione nel comunicare. Berlusconi sceglie un teatro, il Teatro Nuovo di Milano che si trova in piazza San Babila. Qui si ricorderà, con un gesto ormai totalmente estraneo alla politica italiana, salta sul predellino della sua auto e, arringando la folla, annuncia il nuovo partito. Poi, l’atto ufficiale è, un mesetto dopo, il Teatro Nuovo. Anche il nome non è indifferente. «Nuovo» per una politica nuova; la sala è grande, attualmente la più grande in Milano, per un partito «grande», parola scandita quattro volte di seguito da Berlusconi. E Milano. Se si guarda indietro nel tempo è facile accorgersi che tutte le iniziative politiche importanti sono nate a Milano. Nel capoluogo lombardo non poteva, dunque, non nascere il primo partito dei moderati che raccoglie laici e cattolici, ex socialisti di consolidato stampo democratico ed ex radicali non fanatici. Una assoluta grande novità. Appunto, come simboleggiano Milano e il Teatro Nuovo.
Andiamo adesso da Veltroni. Spello, in Umbria, è davvero un posto affascinante. E cominciare lì la campagna elettorale è una furbata non da poco. Veltroni ha bisogno di mostrare la discontinuità con il passato (brutto), cioè con i sodali dell’estrema sinistra. Ha bisogno di esibire altri toni rispetto a quelli che hanno demonizzato Berlusconi, che non sono serviti per vincere. Infine ha bisogno di mostrare se stesso accattivante, carino (pur non essendolo). Le dolci colline umbre fanno proprio al caso del leader del Pd. Chi osserva è rasserenato, compiaciuto, e Veltroni con la sua voce pacata sembra dire: «Noi siamo in Umbria, non in una fabbrica; noi amiamo le cose belle, non il grigio lavoro operaio che lasciamo rappresentare all’estrema sinistra. Noi ce la possiamo fare, come i democratici americani, anche se gli italiani fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. La vita è bella, come il paese da cui vi parlo».
E Casini? Perché proprio a Mestre doveva andare a finire? Umanamente, dicevo, è comprensibile, ma politicamente! Si capisce che Casini è spossato, dopo tutti questi tira e molla con Berlusconi; è depresso come chi si sente portar via qualcosa dalla destra e qualcosa dalla sinistra. È lì, con la spine della rosa bianca che lo punzecchiano da una parte, con Giovanardi che gli fa solletico dall’altra e con il suo naso ammaccato dopo che ha sbattuto contro il Pdl. Mica poteva andare, il Casini, in qualche località amena! Non c’è niente di cui rallegrarsi. Sì, la malinconia di Mestre è proprio il posto giusto. Ma politicamente poteva fare anche uno sforzo. In fondo lo scudocrociato è un simbolo guerriero, per la difesa naturalmente, tuttavia, sempre per la battaglia.
Coraggio Casini e amici dell’Udc: vi meritate di meglio. Non affliggetevi, la campagna elettorale è appena agli inizi e si può rimediare con un po’ di buon gusto estetico.
Stefano Zecchi
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