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L’Eta avverte Zapatero: non lasceremo le armi

Pressioni sul premier spagnolo: a sei mesi dalla tregua con gli indipendentisti baschi non è ancora partito il negoziato promesso

Roberto Fabbri

Contrordine compagni: la sfida dell’Eta allo Stato spagnolo per l’indipendenza basca continua e soprattutto continua in armi. A sei mesi di distanza dalla proclamazione di una «tregua permanente» il premier José Luís Rodriguez Zapatero riceve un avvertimento nel classico stile drammatico-scenografico che tanto piace ai guerriglieri. E certamente non salta di gioia per le premesse di un negoziato che non è ancora stato avviato e che è già sul binario sbagliato.
I soliti tre incappucciati si sono presentati nel cuore della notte nel bosco di Arritxu Legi dove un migliaio di persone stavano commemorando la «giornata dei caduti baschi morti in tutti i confronti, passati e presenti», sotto il controllo della polizia. Qui hanno dato lettura di un documento nel quale si «conferma l’impegno a continuare a lottare fermamente, armi alla mano, fino a ottenere l’indipendenza e il socialismo per il Paese basco». Sì, anche il “socialismo”, perché anche se i mezzi di comunicazione non amano ricordarlo l’Eta è un’organizzazione terroristica di estrema sinistra.
La volontà di condurre negoziati rimane, hanno precisato gli incappucciati: «L’Eta non rinuncia al cessate il fuoco permanente né a negoziare con il governo spagnolo», si legge nel comunicato reso poi pubblico la mattina dopo. Ma le armi non verranno deposte: «Il nostro sangue - hanno scandito retoricamente i rappresentanti dei terroristi, usi più che altro a versare quello degli altri in attentati che hanno ben poco di glorioso - è pronto a essere versato a tal fine e vinceremo». Poi, prima di scomparire nella foresta, gli slogan urlati nella notte («Viva i combattenti baschi, viva Euskal Herria libera e socialista, avanti fino all’indipendenza e al socialismo!») e qualche colpo di fucile sparato in aria per fare un po’ di paura.
Poche ore dopo la diffusione del messaggio dell’Eta, Zapatero ha colto l’occasione di un discorso in Catalogna per mandare una risposta indiretta. Senza mai nominare gli indipendentisti, il premier socialista spagnolo ha detto che «coloro che assecondano o praticano la violenza» devono sapere che il suo governo continuerà ad agire «con fermezza» per conseguire l’obiettivo della «fine della violenza», «senza pagare prezzi politici» e adottando «regole del gioco chiare: legalità e pace». Niente ricatti, dunque, e si può andare avanti. Anche Sinistra Unita, il piccolo partito di tradizione comunista che sostiene il governo Zapatero, ha difeso la linea del negoziato purché non ci siano confusioni inopportune: l’Eta, ha detto un portavoce, «non riuscirà a ricattarci con messaggi anacronistici di incappucciati che appartengono al passato».
Ben diversi i toni dell’opposizione di centrodestra. Il leader Mariano Rajoy ha ricordato che il partito popolare si oppone a qualsiasi «negoziato politico» con l’Eta, che «non ha detto niente di nuovo perché non è cambiata e continua a essere un’organizzazione terroristica e criminale che vuole imporre con la forza i suoi criteri agli spagnoli». Per questo Rajoy ha esortato il governo socialista «a ritornare al Patto Antiterrorista» che aveva stipulato con i popolari.
Resta il fatto che, secondo fonti giornalistiche attendibili, l’Eta ha fin qui respinto ogni contatto col governo Zapatero.

E che Batasuna, il partito fuorilegge che la fiancheggia, continua a mandare messaggi cifrati che in sintesi significano: o ci rilegalizzate o il negoziato non ci sarà.

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