L’Etiopia minaccia: schiacceremo gli islamici

I soldati di Addis Abeba prendono il controllo di Wajid e del suo aeroporto

Fausto Biloslavo

L’esercito etiopico è pronto a «schiacciare» i fondamentalisti somali che hanno lanciato la guerra santa contro le truppe di Addis Abeba. Anche ieri sono state segnalate infiltrazioni in territorio somalo di reparti etiopici, che appoggiano il governo transitorio di Baidoa riconosciuto dalla comunità internazionale. La notizia più allarmante è che soldati del governo somalo si sono scontrati per la prima volta con le milizie fondamentaliste, che agli inizi di luglio hanno conquistato Mogadiscio, nel remoto distretto di Qoryooley, 65 chilometri a sud ovest della capitale. Si è trattato di una scaramuccia, ma le corti islamiche hanno perso due tecniche, i fuoristrada con armi pesanti montate sul cassone posteriore. Sembra che l’incidente non abbia provocato vittime, anche se una delle tecniche, probabilmente con i suoi occupanti, è stata catturata e trasportata verso Baidoa.
«Credo che (gli islamici) non oseranno fare nulla, perché sanno che c'è una forza capace di mantenere ciò che dice, una forza capace di schiacciare chiunque, nel vero senso della parola», ha dichiarato all’agenzia France presse, sotto anonimato, un alto responsabile del governo di Addis Abeba. «L'Etiopia ha ribadito più volte in modo chiaro che c'è una frontiera che non devono oltrepassare - ha detto la fonte - se lo faranno, saranno schiacciati». La frontiera non è solo quella etiopica, ma la linea di demarcazione della zona controllata dal governo transitorio, che gli islamici nei giorni scorsi avevano già oltrepassato tentando un blitz ad una sessantina di chilometri da Baidoa, per poi ritirarsi.
Ieri testimoni oculari hanno riferito che reparti di Addis Abeba si sono dispiegati nella città somala di Wajid, a metà strada fra Baidoa e la frontiera con l’Etiopia. Nella zona, dove c’è un piccolo aeroporto, sono atterrati due elicotteri zeppi di soldati ed è arrivata una colonna di blindati, secondo l’agenzia missionaria Misna. L’impressione è che le truppe etiopiche stiano preparando il terreno per garantire appoggio, innanzitutto logistico, alle unità governative somale contro le corti islamiche. Carburante, munizioni ed un eventuale intervento aereo sono fattori decisivi nella battaglia che si profila all’orizzonte.
Da Mogadiscio gli islamici hanno inviato una cinquantina di tecniche in direzione di Baidoa a dare man forte ai miliziani già attestati in prima linea. Assieme ad armati somali sarebbero partiti verso il fronte guerriglieri etiopici ed istruttori eritrei, che odiano il governo di Addis Abeba. I negoziati fra le due parti, che dovevano riprendere oggi a Khartoum, sono saltati.
Le truppe etiopiche, che stanno intervenendo con decisione in Somalia, sono la vera deterrenza militare sul terreno. I circa 100mila uomini delle Forze nazionali di difesa di Addis Abeba sono fra gli eserciti più consistenti e temibili di tutta l’Africa. Nonostante abbiano in dotazione armamento sovietico, come i vecchi carri armati T62, sono aiutate dagli americani e possono contare su una discreta aviazione con Sukhoi 25 e 27, oltre ad elicotteri di trasporto e d’attacco. I fondamentalisti islamici vedono l’Etiopia come una potenza “cristiana”, nonostante al governo ci siano anche i musulmani, che minaccia la fede ed il loro Paese. Gli etiopi temono il disegno della Grande Somalia, che comprende anche l’ex Ogaden, disegno caldeggiato da Osama bin Laden.
Etiopia e Somalia hanno già combattuto due guerre, la più sanguinosa delle quali scoppiò nel 1977-78, proprio per il controllo dell’Ogaden passato poi ad Addis Abeba. Pochi sanno che Yusuf, attuale presidente provvisorio somalo, oggi alleato di Addis Abeba fu il generale che nel terribile conflitto sfondò le linee avvicinandosi alla capitale etiopica. Poi, rientrato in patria, tentò un colpo di Stato contro l’allora padre-padrone della Somalia, Siad Barre, che finì male. Yusuf fuggì dalla Somalia e trovò rifugio in Etiopia dove fondò il primo fronte d’opposizione armato al regime di Barre. Invece l’attuale premier etiopico, Meles Zenawi, si era rifugiato a Mogadiscio negli anni ottanta per combattere contro il regime di Menghistu, il dittatore comunista di Addis Abeba.

Zenawi, una volta conquistato il potere a casa propria, ordinò ai corpi speciali e all’aviazione di distruggere i campi di addestramento e l’ossatura militare dell’Ittihad al Islami in Somalia, un’organizzazione contigua ad Al Qaida. Negli anni Novanta l’Ittihad era guidata da sheik Hassan Dahir Aweys, il falco delle corti islamiche che ha lanciato la guerra santa contro gli odiati etiopi.

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