Ma l’Europa benedice solo i criminali

Dovremmo chiamarla la settimana della vergogna. Mentre gli uomini politici europei si inventavano le più strane formule diplomatiche per non dare carattere di ufficialità ai loro incontri con il Dalai Lama ed evitare così di irritare la Cina, la UE ha ricevuto a Lisbona due tra i più biechi dittatori africani, Robert Mugabe dello Zimbabwe, responsabile della rovina del suo Paese, e Omar al Bashir del Sudan, che ha sulla coscienza 300.000 morti nel Darfur. Abbiamo ceduto così a due ricatti: quello di Pechino, che minaccia ritorsioni contro chiunque riconosca il capo religioso tibetano che chiede maggiore rispetto per il suo popolo oppresso, e quello di un gruppo di leader africani, i quali avevano minacciato di disertare il vertice Europa-Africa se la UE si permetteva di dare l’ostracismo ai loro due “colleghi”. Per fortuna, qualcuno si è ribellato: in Italia, il presidente lombardo Formigoni ha ricevuto il Dalai Lama al Pirellone, e a Lisbona il premier britannico Gordon Brown si è rifiutato di partecipare al vertice per non incontrare Mugabe che, in base alle sanzioni decise a suo tempo da Bruxelles, non avrebbe neppure il diritto di mettere piede nella UE (e, secondo alcuni giuristi, dovrebbe esservi incriminato per delitti contro l’umanità).
Questa vicenda è l’ennesima prova di quanto sia difficile arrivare a una comune politica estera europea. Il vertice tra i 27 Paesi dell’Unione e i 53 Stati africani è la più eclatante iniziativa della presidenza portoghese, che per il suo passato coloniale ha ancora importanti interessi nel Continente nero. La motivazione ufficiale è di rilanciare una collaborazione che ha conosciuto molti alti e bassi, quella vera è il tentativo di contrastare, sia a Nord ma soprattutto a Sud del Sahara, la crescente influenza della Cina, che sta facendo grandi investimenti “senza condizioni” soprattutto nei Paesi dotati di risorse naturali da sfruttare. I cinesi non sono sempre ospiti comodi, ma agli occhi dei governi africani hanno il vantaggio di non pretendere né svolte democratiche, né controlli sugli aiuti. Nel caso del Sudan, poi, Pechino si è opposta con successo a un’azione occidentale più incisiva a favore delle popolazioni del Darfur, che avrebbe interferito con la sovranità di Khartum.
Per recuperare il terreno perduto, l’Europa ha non solo sorvolato sui peccati di Mugabe e Al Bashir, ma appare incline ad allentare la pressione su tutti i governi africani perché rispettino i suoi principi politici e giuridici e ha messo anche sul piatto alcune importanti concessioni commerciali.

Ma gli africani, ringalluzziti dal fatto che la presidenza portoghese ha anteposto la presenza di Mugabe a quella di Brown, non appaiono di un umore particolarmente conciliante. Ora che, grazie a quella stessa Cina che ci impedisce di incontrare il Dalai Lama, hanno meno bisogno dell’Europa, rispondono che faranno affari con chi gli offre le condizioni (soprattutto politiche) migliori.

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