Politica

L’Europa boccia il Professore: «Serve più rigore»

E il responsabile dell’Economia Padoa-Schioppa deve ammettere: «Questa maggioranza non può fare di più»

Fabrizio Ravoni

da Roma

Tommaso Padoa-Schioppa non si aspettava un Ecofin facile ad Helsinki. Sapeva che la natura informale della riunione dell’Eurogruppo avrebbe portato ministri, Commissione europea e Banca centrale ad esprimersi liberamente sui conti pubblici italiani. Ma, forse, non si aspettava «così» liberamente. Aveva anche provato a «condizionare» la conferenza stampa di Almunia e Juncker (confermato presidente dell’Eurogruppo) sedendosi in prima fila, in mezzo ai giornalisti. Ma dai due, oltre a qualche riconoscimento di facciata, non sono arrivate altro che critiche. In pubblico, ma soprattutto nel chiuso delle riunioni.
In conferenza stampa, il commissario europeo ha ribadito la sua posizione: visto che nel 2006 la correzione della finanza pubblica non ha rispettato gli obiettivi, «nel 2007 lo sforzo dovrà essere più ambizioso». Gli fa eco il primo ministro lussemburghese e presidente dell’Eurogruppo: la correzione del deficit italiano nel biennio 2006-2007 - dice Juncker - deve essere dell’1,6% del pil. «È un must assoluto».
Alla coppia europea (a cui si è aggiunto, nel chiuso delle riunioni, anche Trichet, presidente della Bce) non è piaciuta la scelta del governo di ridurre l’entità della manovra da 35 a 30 miliardi. Padoa-Schioppa ha provato a difendersi: la riduzione è stata realizzata perché sono emerse nuove entrate strutturali per 5 miliardi nel 2007 e per 6,5 miliardi nel 2006. Juncker gli ha ricordato che tutte le maggiori entrate «devono assolutamente essere usate per la riduzione del deficit. È una priorità». Nella sostanza, ha chiesto al ministro: se registrate un aumento del gettito per quasi 20 miliardi nel 2006, perché ne contabilizzate solo 6,5 miliardi? In assenza di spiegazioni plausibili, l’Unione europea ha insistito sulla linea del rigore. Il ministro non può dire che il maggior gettito strutturale che quest’anno entrerà nelle casse dello Stato ammonta a più di 12 miliardi, altrimenti non potrebbe farli, in parte, emergere nel 2007 quale frutto della lotta all’evasione; la maggioranza gli chiederebbe di ridurre la manovra; e, soprattutto, dovrebbe dire che la finanza pubblica presa in eredità non era allo sfascio.
Ma tacendo sulle cifre, rischia - per rispondere alle critiche europee - di aumentare la manovra lorda per il 2007. La Commissione rimprovera al governo di aver operato, nel 2006, una correzione strutturale del deficit pari allo 0,5% del pil. Quindi, per rispettare l’impegno di correggerlo dell’1,6%, nel 2007 deve fare una manovra - al netto degli effetti del ciclo economico - dell’1,1%. Il problema è proprio la formula presente nel Patto di Stabilità: al netto degli effetti del ciclo. Per realizzare una manovra «netta» dell’1,1%, la finanziaria - per i calcoli di Bruxelles - deve ammontare all’1,4-1,5% lordo. Qual erano appunto i 20 miliardi di manovra, scritti nel Dpef. Farla scendere a 15 miliardi, vuol dire non rispettare gli impegni. E nel chiuso delle riunioni, sarebbe stato ricordato a Padoa-Schioppa che un eventuale blocco delle pensioni d’anzianità per il 2007 (che garantirebbe 3 miliardi di risparmi) verrebbe conteggiato come misura «una tantum»; quindi, non calcolabile nella correzione strutturale dell’1,1%. Messo alle strette, il ministro ha confessato: «Definire target più ambiziosi in termini strutturali rischia di interferire con altri obbiettivi del governo».
Con la Nota di aggiornamento al Dpef, è probabile che il deficit nominale di quest’anno venga abbassato al 3,4%, dal 4% del Dpef; quello tendenziale del 2007 dal 4,1 al 3,7%. In questo caso, con una correzione dell’1,1% (i 15 miliardi) il deficit nominale scenderebbe al 2,6%; mentre quello strutturale sarebbe ben superiore, intorno al 3%, contro il 2,8% che l’Italia si è impegnata a rispettare.

Ma di più questa maggioranza non può fare, dice Padoa-Schioppa.

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