L’Europa congela gli aiuti alla Grecia

L’Europa congela gli aiuti alla Grecia

A un’azione, corrisponde sempre una reazione. Così, seppur ancora choccata dall’inaspettato referendum deciso dal premier greco Georges Papandreou sul piano di salvataggio, l’Unione europea passa al contrattacco. Minacciando di non erogare ad Atene la sesta tranche di aiuti da 8 miliardi di euro. Non solo: le banche tedesche subordinano il taglio del 50% del loro credito nei confronti del Paese mediterraneo al risultato della consultazione popolare.
Com’era prevedibile, le ore che ieri hanno preceduto il sempre più delicato summit di Cannes del G20, in agenda oggi e domani, sono state contrappuntate da un crescendo di tensioni, anche se i mercati hanno rialzato la testa (Milano è salita del 2,31%, Francoforte del 2,25% e Parigi dell’1,4%), senza però riuscire a chiudere le voragini aperte nella seduta-Waterloo di martedì. Ancora elevato lo spread Btp-bund, a quota 436 punti, e il rendimento del decennale italiano (al 6,19%). Bankitalia sostiene tuttavia che il debito italiano è sostenibile e rimarrebbe stabile, o in lieve calo, nei prossimi 2 anni anche se i tassi sui bond arrivassero all’8% e la crescita fosse uguale a zero.
Troppe, comunque, le incognite che circondano i possibili sviluppi del vertice sulla Costa Azzurra. Il colpo a sorpresa di Papandreou ha introdotto un’ulteriore variabile pericolosa, non certo semplice da disinnescare. La posizione dell’Europa, e in particolare di Francia e Germania, è chiara: il piano di aiuti non è rinegoziabile. «Dalla Grecia vogliamo chiarezza», ha spiegato la Cancelliera tedesca, Angela Merkel. Dopo mesi di trattative, non c’è più tempo per aggiustamenti. Nella tarda serata di ieri, la Merkel e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, hanno messo il premier ellenico spalle al muro durante l’incontro cui hanno preso parte anche i vertici della Commissione Ue e il leader del Fmi, Christine Lagarde. Assente invece Mario Draghi, che oggi guiderà per la prima volta il consiglio direttivo della Bce. Un autentico battesimo del fuoco per il successore di Jean-Claude Trichet. Peraltro, neppure il suo collega Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, può dormire sonni tranquilli. La banca centrale Usa ha lasciato ieri i tassi inchiodati tra lo 0 e lo 0,25%, e Bernanke ha annunciato che su questi livelli resteranno «forse anche oltre la metà del 2013» a causa di «una crescita non soddisfacente» (le stime sul Pil 2011 sono state tagliate a 1,6-1,7% contro il 2,7-2,9% di giugno). La Fed, dunque, «resta pronta a intervenire» e continuerà a seguire la situazione in Europa dal momento che la crisi del debito «può danneggiare la fiducia e la crescita negli Usa».
Da tempo l’America è in pressing sull’Europa. L’occasione del G20 servirà a ribadire ancor più la posizione di Washington. «L’Europa è chiaramente una priorità, e il referendum greco sarà il focus del vertice. Dal G20 deve uscire una unanimità di obiettivi», ha anticipato ieri il portavoce di Barack Obama. Prima dell’inizio del summit, il presidente Usa vedrà la Merkel e Sarkozy. La mattina sarà fitta di incontri: i leader dei Paesi di Eurolandia che fanno parte del G20 - Italia, Francia e Germania, più la Spagna che è "invitata" al summit dei Grandi - si incontreranno con i vertici delle istituzioni europee. L’obiettivo è chiaro: presentarsi ai lavori con una strategia definita, soprattutto per quanto attiene il dossier Grecia. Secondo alcune fonti, ora «non ci sono le condizioni per pagare l’ultima tranche di aiuti ad Atene. Lo statuto Fmi stabilisce che un versamento possa essere fatto solo in presenza di una sostenibilità dell’impegno». Resta da valutare quale impatto potrebbe avere il congelamento. E non solo sui mercati.

Rimettendo in discussione il bailout di Atene, l’Europa vedrebbe infatti calare le possibilità di coinvolgere nel fondo salva-Stati Paesi come la Cina. Ecco perchè l’eurozona vuole che, nella peggiore delle ipotesi, il referendum si tenga entro la fine di novembre e non riguardi l’accordo sul debito, ma l’appartenenza della Grecia all’Unione monetaria.

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