L’Europa teme la guerra del gas e convoca un vertice di esperti

Roberto Fabbri

Alle dieci di domani mattina scade il duro ultimatum posto da Gazprom - cioè in pratica dal Cremlino, essendo poco credibile che il gigante del gas naturale russo agisca all’estero in contrasto con il potere politico di Mosca - all’Ucraina: o pagate il nostro gas (tre quarti del fabbisogno nazionale di Kiev) al nuovo prezzo quasi quintuplo del precedente o noi chiudiamo i rubinetti. La Repubblica del «rivoluzionario arancione» Viktor Yushchenko, rea di avere spostato le sue simpatie dal «fraterno» orso russo all’Unione europea e all’Alleanza atlantica, non è sola in questa spiacevole congiuntura: Lituania e Georgia, troppo amiche degli americani e la prima addirittura entrata nell’Ue, si troveranno da domani la bolletta di Gazprom aumentata del 40 per cento.
Yushchenko resiste alle pressioni, firma un contratto per l’acquisto di gas turkmeno (ma anche quello dovrebbe passare dalla Russia su un gasdotto di proprietà di Gazprom) e tenta di guadagnare tempo. Dopo aver respinto il miliardario «prestito di favore» di Putin, offerto per rendere possibile il pagamento delle forniture di gas al prezzo imposto da Mosca, il presidente ucraino ha chiesto al collega russo una proroga di dieci giorni, con congelamento dei prezzi, per continuare il negoziato. Ma mentre al Cremlino negano che il telegramma di Yushchenko sia mai arrivato a destinazione, il numero uno di Gazprom Aleksei Miller ha respinto la richiesta: se gli ucraini non firmeranno il contratto nelle prossime ore «le forniture saranno completamente interrotte: agiremo in modo preciso e deciso».
Miller ha aggiunto che esiste «un piano di misure dettagliate per garantire ininterrotte forniture» all’Europa occidentale. Questo perché sul territorio ucraino transitano tutti (tranne uno, che passa dalla Bielorussia) i gasdotti che riforniscono l’Ue. E perché a livello comunitario il braccio di ferro tra Russia e Ucraina sta creando serie preoccupazioni. In caso di rottura, infatti, Kiev potrebbe decidere di bloccare per ritorsione le forniture russe all’Europa, Italia compresa, causando gravi disagi: il nostro Paese, ad esempio, importa da Mosca quasi un terzo del gas che consuma.
Di fronte al pericolo di una sia pur contenuta crisi energetica (che comunque grazie alle riserve non riguarderebbe, secondo le assicurazioni della Commissione Europea, né il breve né il medio periodo) è stata convocata per mercoledì a Bruxelles una riunione degli esperti del «gruppo di coordinamento del gas» per valutare eventuali contromisure.
A Bruxelles si ostenta serenità: un ragionevole compromesso tra Putin e Yushchenko viene nonostante le tensioni del momento considerato probabile. Intanto però la Germania, che nella grande partita del gas russo gioca con il costruendo gasdotto del Baltico un ruolo di primissimo piano, ha fatto sentire la propria voce. Chiediamo a Russia e Ucraina di trovare un accordo, ha detto ieri un portavoce del governo di Berlino.

Sottolineando che la Germania ha un forte interesse al raggiungimento di un’intesa, il portavoce ha detto che funzionari del suo governo hanno discusso con entrambe le parti, ma ha negato che si possa parlare di una mediazione tedesca.

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