L’EX CT GIOVANNI TRAPATTONI

Giovanni che si chiami Ciofanni oppure John, non cambia mai. Per noi, italiani, romantici e trasversali nei fatti calcistici, rimane Giuan. Giuan Trapattoni, da Cusano Milanino, ieri è andato a farsi una bella ripassata in quell’hinterland che si tiene nel cuore, come una vecchia foto da portarsi in giro per il mondo. Fra nebbie e pioggia, voglia di partire ma poi di tornare. Trap si è divertito con Piero Chiambretti che, con lui, ha affinità non tanto, o non solo, di statura. Sono due con il sale sulla coda, l’argento vivo addosso e la battuta facile. Che poi uno sia granata e l’altro abbia metà cuore bianconero, è inesorabile scherzo del destino. Senza rimedio.
Trap si è seduto sulla poltrona del «Chiambretti night» (stasera, ore 23.55, Italia 1) ed era come spassarsela a casa sua. Gli capita dovunque. Ora in Irlanda, prima in Austria o in Germania. E così ieri sera: Pierino domanda e lui te la racconta. Sincero, ma furbo. Parlare di Juventus e rovinare la salute a Chiambretti è stato tutt’uno. Con una confessione postuma. Magari risaputa, ma intrigante. «A malincuore ho dovuto rifiutare la panchina della Juve, quando hanno mandato via Ferrara: mi era impossibile dividermi tra nazionale e club: non sarebbe stato serio».
Visto che non c’è andato, discorso chiuso, anche se pensarlo in panca e vederlo all’opera... Come se la sarebbe cavata con la crisi? Trap ha risposto ricordando la massima di un suo presidente: «Cerchiamo prima di non prenderle e poi i risultati si possono fare».
E quella manata sulla schiena rifilata da un tifoso a Zebina. Cose di questi tempi. O... Ma quel famoso stile Juve? Trap è stato soprattutto paterno: «Questi ragazzi sono esasperati. Non è concepibile interpretare il tifo come lo stanno interpretando».
Ed allora sono venuti a proposito i consigli per Balotelli, intervenuto telefonicamente. «Sei un talento, hai una vita per dimostrarlo», gli ha detto il vecchio Giuan, poco tecnico e molto padre. Chissà, magari sarà stato Mourinho a chiedergli di consigliare il ribelle nerazzurro. Trap ha ricordato di quella volta in cui si trovò in una situazione simile, da calciatore, ed allora lo aiutò il buon senso: fece un passo indietro. Ma Supermario ha altre idee.
Infine Giovanni ha suggerito un’idea alla dirigenza bianconera. No, niente cose di mercato. Qualcosa di più importante. Torniamo all’Heysel. Fu un dramma, non valeva una partita di calcio.

Ed allora «sotto l’aspetto etico si potrebbe prendere in considerazione», la decisione di riconsegnare la Coppa Campioni vinta quel 29 maggio 1985. Prima della finale, tra Juve e Liverpool, morirono trentanove persone in seguito agli incidenti causati dalla tifoseria inglese. Mai dimenticare. Trap ha memoria e cuore.

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