L’ex senatore Di Girolamo non risponde al gip: chiarirò più avanti

Poco più di un’ora: tanto è durato ieri il primo confronto tra i magistrati e l’ex senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma su un presunto maxiriciclaggio di 2 miliardi di euro. Di fronte al Gip, Aldo Morgigni, al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al pm Giovanni Bombardieri, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Una decisione che i due legali dell’ex parlamentare, Carlo Taormina e Pier Paolo Dell’Anno, hanno motivato spiegando che il loro assistito «in ragione della complessità e del tecnicismo della vicenda ha ritenuto di fornire solamente nel prosieguo i necessari chiarimenti all’autorità investigativa non essendo l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, al quale si riconosce estremo rispetto, la sede più adatta».
Di Girolamo era arrivato nel carcere di Regina Coeli intorno alle 14, a bordo di un cellulare che lo ha trasferito dall’altro carcere romano, quello di Rebibbia, dove l’ex senatore si trova recluso dal 3 marzo scorso. I legali lo hanno trovato «sereno e determinato» pronto «a rappresentare la realtà dei fatti al più presto». Di Girolamo vorrà quindi raccontare in un nuovo interrogatorio ai pubblici ministeri la sua verità in una vicenda giudiziaria che lo vede accusato di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di ingenti somme di danaro effettuato a livello internazionale attraverso una miriade di società estere e, con riferimento alla sua elezione a senatore con il voto degli italiani all’estero, di violazione della legge elettorale e di scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso. È presumibile che il nuovo confronto con i magistrati avverà nei prossimi giorni anche se fonti giudiziarie assicurano che ciò non avverrà lunedì.


Con l’interrogatorio di garanzia per Di Girolamo si è chiusa una nuova, intensa, settimana sul fronte dell’inchiesta che vede indagate quasi 80 persone (56 raggiunte da provvedimento di custodia cautelari) tra cui alcuni dirigenti della società telefonica Fastweb, a partire dal suo fondatore Silvio Scaglia, e Telecom Italia Sparkle. Della vicenda giudiziaria si è occupato ieri il «Financial Times», che in un articolo l’ha definita di «una complessità sorprendente».

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