Milano, dunque, si candida a ospitare l'Expo universale del 2015: una bella vittoria per la città, scelta dal governo in una rosa che comprendeva anche Napoli e Torino; un'occasione straordinaria di ospitare un evento di enorme risonanza mondiale: almeno 130 nazioni partecipanti con 30 milioni di visitatori in 6 mesi. Dal punto di vista economico, se non da quello mediatico, vale ben più di una Olimpiade.
Nel frattempo Roma ha deciso di candidarsi ai Giochi del 2016: il Parlamento ha dato un suo forte consenso trasversale, rappresentato dalla designazione bipartisan di Gianni Letta alla presidenza del comitato promotore. Una storia, questa delle Olimpiadi, piuttosto contorta, giacché in un primo tempo sembrava che Roma rinunciasse a candidarsi per il 2016: molto difficile, secondo una consolidata consuetudine, che dopo Londra 2012 il Comitato olimpico internazionale accetti un'altra sede europea. Roma dunque optò per il 2020, data per la quale, però, intendeva candidarsi anche Milano. Si arrivò ad una cordiale entente Moratti-Veltroni: chi viene scartato aiuta l'altro. E invece, all'improvviso, col nuovo governo, Roma torna a candidarsi per il 2016, grazie all'azione combinata di due autorevoli romani, diessini e vecchi amici: il sindaco Veltroni e il ministro dello Sport Giovanna Melandri.
Ma perché, visto che una designazione per quella data resta molto improbabile per una città europea? Per almeno due ragioni: usufruire fino alla decisione del Coi dei vantaggi mediatici e di immagine della candidatura e, soprattutto, ottenere, con il pretesto di preparare la candidatura, fondi dal governo. E infatti i parlamentari romani già chiedono in coro che la finanziaria li preveda - mentre per la candidatura di Milano all'Expo 2015 non c'è un euro.
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