L’imam di Padova: «Il burqa? Un ostacolo all’integrazione»

«Usare il burqa non fa parte delle prescrizioni della religione musulmana, anzi può danneggiare il processo di integrazione nella società occidentale e provocare problemi anche dal punto di vista della sicurezza». Parole chiare quelle di Issa, imam riconosciuto dalle scuole islamiche da cinque anni e guida spirituale della moschea di Pontevigodarzere (Padova). Dichiarazioni che, in seguito all’aggressione a Daniela Santanchè, leader del Movimento per l’Italia, e soprattutto dopo le ordinanze anti-burqa firmate da alcuni sindaci, appoggiano l’esigenza di una legge chiara e specifica sul tema.
Nei giorni scorsi il dibattito sul burqa si è acceso. A Montegrotto Terme (Padova), il sindaco Luca Claudio ha dato mandato alla polizia locale di identificare chi non fosse riconoscibile. A Fermignano (Pesaro-Urbino), invece, il sindaco leghista Giorgio Cancellieri ha firmato un’ordinanza che vieta di entrare in edifici pubblici con indosso qualsiasi copricapo, anche a carattere religioso, che renda difficile il riconoscimento. Un provvedimento che ha colpito una cittadina marocchina di 20 anni, l’unica nel comune a indossare il velo integrale. O quantomeno l’unica a uscire di casa. Il Viminale ha bocciato l’ordinanza ma il primo cittadino ha già dato disposizione alle forze dell’ordine di richiedere le generalità di ogni donna che indossi il velo integrale in pubblico.
Manca dunque una precisa regolamentazione sul tema specifico. E a tentare di colmare questa lacuna ci ha pensato la deputata del Pdl Souad Sbai che ha presentato una proposta di legge che estende il divieto di usare indumenti che impediscano il riconoscimento della persona in luoghi pubblici anche al burqa e al niqab. L’iter del provvedimento, approdato ieri in commissione Affari costituzionali alla Camera, inizierà il prossimo 1° ottobre e prevede la modifica della legge del 22 maggio 1975 sull’ordine pubblico. Si tratta di un solo articolo che, se venisse approvato, sancirebbe l’arresto da uno a due anni e l’ammenda da mille a duemila euro per i trasgressori.
«Indossare indumenti come il burqa e il niqab - scrive la deputata di origine marocchina nella relazione che accompagna la proposta di legge - non ha nulla a che vedere con la cultura della maggioranza delle donne immigrate che vivono in Italia, ma costituisce un obbligo imposto alle donne da estremisti che vengono dall’Afghanistan, dal Pakistan e da altri paesi dove prevalgono la cultura estremista e il retaggio di costumi disumani e violenze familiari inaudite».
Una legge appoggiata, come detto, anche da un rappresentante della comunità islamica come Issa, il quale ha però tenuto a precisare la differenza che intercorre tra il burqa e il velo islamico. «Mentre il burqa non è un obbligo religioso, il velo sì.

L’hijab che lascia il viso scoperto - ha dichiarato Issa- è indossato dalle donne e quelle che non lo portano è come se perdessero una parte della loro fede».
È ancora presto per prevedere ciò che succederà. Tuttavia, dopo i recenti avvenimenti, appare chiara la necessità di una precisa regolamentazione sul tema.

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