Anche nel sorriso duna burla favolosa Shakespeare non rinuncia a dischiudere gli abissi delle paure umane e ad accendere i segni dunamorosa felicità. Bemjamin Britten, inglese anchegli, nel 1960, lo attornia della sua fascinosa musica, lieve, provocante, civile, pronta a sottolineare ambiguità e suspense, brividi sottopelle e godimenti perbene. Molto, per una classifica fra musicisti, poco per Shakespeare. E così in A Midsummer Nights Dream ci si inoltra accarezzati e compiaciuti, ma dopo 100 minuti consecutivi di prudenze, tanto dura il primo atto, sembra di non essere ancora entrati nella sostanza del discorso. E dopo altri 50 non si è molto più avanti. Alla Scala però dopo due ore e mezzo, questanno, si sono uditi grandi battimani gioiosi. Ma cera una ragione aggiunta: era uno degli spettacoli più catturanti del nostro tempo. Robert Carsen, regista anchegli inglese, ha perfezione, talento, sicurezza, e in più una tenerezza dissimulata ma toccante. Alla fine, andremmo tutti a stringergli la mano con affetto.
Comè noto nel mondo da più di quattro secoli, il Sogno di una notte di mezzestate mescola storie di amanti sovrumani o regali o nobili in uno stravolgimento damori scambiati, per un fatale incantesimo, vissuto come in sogno: ad una donna tocca addirittura innamorarsi di uno che ha la testa dasino; poi tutto si racqueta, gli amori son consacrati in una festa di corte, e per tirare notte si assiste alla più strampalata recita di tragedia che attori dilettanti possano concedere. Carsen fa recitare lazione in tre grandi letti color verde natura; al secondatto ce li fa trovare sospesi in alto, ed il suo scenografo e costumista Michael Levine riceve lapplauso ad apertura di sipario. Poi tutto sparisce e rimangono uno scivolo nudo, e una finestrina con luna: qui la recita dei comici ha la sua più spassosa simpatia, e si può arrivare ad una commozione tutta teatrale quando a loro si uniscono i nobili, ballando la «bergamasca» nella coreografia sempre armoniosa di Matthew Bourne.
Lo spettacolo è di Aix-en-Provence, del 1991; la Scala, specialista in queste operazioni alberghiere, lo affida alla ripresa ineccepibile di Emanuelle Bastet. Dirige Sir Andrew Davis, tanto caloroso e simpatico quando si presenta agli applausi quanto prudente sul podio. Cantano e recitano tutti magnificamente: il coro di voci bianche preparato da Alfonso Caiani è incantevole, Matthew Rose è travolgente, David Daniels e Rosemarie Joshua hanno la splendida misura della classe. Che gente come Emil Wolk, Puck senza età, e Andrew Shore, capocomico, esista anche nel teatro dopera, con quella presenza e quei gesti precisi, è una bella consolazione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.