L’immobiliarista interrogato anche su Rcs

Per 5 ore Ricucci ha parlato della scalata al gruppo e delle compravendite di Magiste

da Roma

È un clima da coprifuoco quello che ha accompagnato le quasi cinque ore di faccia a faccia fra Stefano Ricucci, i pm capitolini Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, e due investigatori del Nucleo Valutario della Guardia di Finanza. Non un commento, non una pausa al secondo piano del Palazzo di giustizia «sgomberato» dai cronisti per l’occasione, con tanto di protesta delle associazioni di categoria.
Sarà per l’eco mediatica delle indiscrezioni sulle ultime dichiarazioni di Gianpiero Fiorani a Milano, sarà per il terremoto che ha travolto i vertici della Confcommercio, sarà pure per il clima incandescente in cui le agenzie di stampa hanno dato notizia dell’ingresso a piazzale Clodio dell’ex odontotecnico, giunto in Procura per rendere «dichiarazioni spontanee» sul caso dei cosiddetti «fondi del presidente» della Confcommercio. Sta di fatto che il lungo confronto con gli inquirenti è stato «blindato». E s’è concluso solo a tarda sera, quando l’immobiliarista, con rapido cenno di saluto, ha infilato l’uscita assieme al suo legale Grazia Volo, è entrato nella sua Mercedes blu notte che lo attendeva dalle quattro del pomeriggio, ed è scomparso.
Nella prima parte della lunga no-stop, l’immobiliarista quarantaduenne ha lasciato a verbale le dichiarazioni rese sua sponte. Dopodiché ha risposto alle domande dei magistrati, che avrebbero spaziato a tutto campo fra le inchieste che vedono coinvolto il «raider» travolto assieme ai «furbetti del quartierino» (fu proprio Ricucci a coniare la frase nel corso di una conversazione intercettata dagli inquirenti milanesi) nell’ascesa verso il cuore della finanza. In particolare, agli atti della Procura capitolina il nome del finanziere ricorre negli accertamenti sulla scalata alla Rcs (dove è indagato per aggiotaggio informativo e ostacolo all’autorità di vigilanza), sulla gestione dei fondi di Sergio Billè (in questo caso la contestazione è concorso in appropriazione indebita), nonché sulle compravendite di immobili da parte di società del gruppo Magiste (l’iscrizione sul registro degli indagati è per false fatturazioni e falso in bilancio). Secondo Ricucci le operazioni immobiliari al centro degli accertamenti sarebbero regolari.
Il procuratore aggiunto Achille Toro, che a Roma coordina le inchieste sulle scalate Antonveneta/Bnl/Rcs, non ha partecipato all’interrogatorio. Oggi dovrebbe incontrare i due sostituti per fare il punto della situazione. E aggiungere nuovi tasselli al complesso risiko bancario-giudiziario che tra Milano e la Capitale vede intersecarsi filoni d’inchiesta e ricorrere nomi di indagati. Come quello di Ricucci, per l’appunto. Il quale, salito alla ribalta per la scalata che lo ha portato a reclamare il controllo del quotidiano di via Solferino, ha trovato sulla sua strada i primi provvedimenti (l’interdizione dagli incarichi societari) nell’ambito dell’inchiesta milanese sul caso Antonveneta. Fra la ex Bpl di Fiorani e la Magiste di Ricucci esisteva un patto «occulto».
Poi è arrivato il caso Billè, su cui indaga la Procura capitolina. I pm indagano per falso in bilancio, false fatturazioni e concorso in appropriazione indebita proprio con l’ex presidente di Confcommercio per aver incassato un anticipo da 39 milioni per la vendita, concretizzata solo in questi giorni, di un immobile di prestigio in Via Lima.

Ieri sera un siluro nei confronti dell’ex presidente di Confcommercio è partito anche dal programma «L’infedele» su La7. Ferruccio De Bortoli ha infatti rivelato a Gad Lerner: «Billè aveva proposto di nominare Ricucci cavaliere del lavoro. Poi rientrò tutto».

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