L’inchiesta I pm vogliono ancora un «mandante»: interrogati pure gli attacchini

Un altro gradino verso l’alto. Come anticipato dal Giornale lunedì, l’inchiesta aperta dalla Procura di Milano sui manifesti anti-pm non era destinata a spegnersi sul nome di Roberto Lassini. Fin da subito, infatti, è stato chiaro che il collegamento cercato dai magistrati era quello con i vertici del Pdl lombardo (e non solo). Il nome che circolava negli ambienti investigativi? Quello di Mario Mantovani, coordinatore regionale del Popolo delle libertà. E in effetti, il primo passo è stato fatto. Nel registro degli indagati - come ha riportato ieri il Corriere della Sera - è stato iscritto infatti Giacomo Di Capua, 30 anni, a capo della segreteria del senatore pidiellino, che si è dimesso ieri. Il suo nome è stato fatto in uno dei primi interrogatori tenuti dalla Digos nella notte di venerdì scorso. Uno dei titolari della «Bergomi&Falcone srl» (società che si occupa di comunicazione elettorali) ha spiegato che sarebbe stato proprio Di Capua a commissionare una serie di manifesti, e che del pagamento si sarebbe occupato il partito. La linea, così, è tracciata. Ieri, gli investigatori hanno nuovamente sentito alcuni degli attacchini incaricati di piazzare in città i poster «Fuori le Br dalle Procure». Anche in questo caso, l’intenzione è capire a chi facessero capo (alcuni hanno già indicato una ditta), e chi fosse a pagarli. È seguendo il filo del denaro, infatti, che i pm sperano di arrivare al committente-finale. Ma ora il procuratore aggiunto Armando Spataro e i pm Grazia Pradella e Ferdinando Pomarici (che indagano per vilipendio dell’ordine giudiziario, reato punibile con una multa da mille a 5mila euro) hanno altre due carte importanti da giocare. La prima è proprio quella di Di Capua. Al Giornale, il braccio destro di Mantovani dice: «Aspetto l’interrogatorio, so prendermi le mie responsabilità». E il messaggio è chiaro. Diversa, invece, è la carta-Lassini. La partita politica e quella giudiziaria si stanno intrecciando, e - ragionano i pm - se l’ex sindaco Dc dovesse essere «scaricato» dal partito potrebbe anche decidere di avere un altro atteggiamento con i magistrati. E, magari, confermare nel corso di un futuro interrogatorio quello che a questo punto è più di un sospetto in Procura. Ovvero, che dietro la campagna di affissioni ci sia una parte dello stato maggiore del Pdl. Il primo nome, ovviamente, è proprio quello di Mantovani. La filiera della committenza fin qui ricostruita dalla Procura, infatti, si è fermata a pochi passi dal coordinatore, e percorrerla è stato per i pm relativamente semplice. Ma non è detto che i pm intendano fermarsi a lui.

Perché (molto più sullo sfondo) appaiono le figure di quei politici che incarnano l’ala «movimentista» del partito, e che potrebbero aver avuto un ruolo nella regia dell’operazione-manifesti e in quella dei presidi pro-Cav che in occasione delle udienze a carico di Berlusconi hanno riunito decine di persone davanti al palazzo di giustizia.

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