L’inchiesta: ora anche Scarponi parla e fa i nomi

Mentre in Spagna e nel resto d’Europa nessuno si muove (clamoroso il silenzio su Valverde), in Italia si va fino in fondo. A Madrid nuovo dossier con pezzi grossi

da Milano

Si è cominciato dall’alto, cioè da Basso e Ullrich, i due nomi più altisonanti, un po’ come se nel calcio pizzicassero Ronaldinho e Zidane. Come se nel tennis prendessero di mira Nadal, come se questi nomi finissero, come sono finiti, tra i sospettati dell’Operacion Puerto, senza però produrre gli effetti sperati, se non la reazione ferma e immediata dei loro rispettivi uffici stampa. L’Operacion Puerto non è ancora chiusa. Anzi, con l’archiviazione del 12 marzo scorso, se n’era chiusa solo una parte. Dopo il primo dossier di 39 pagine e quello di 500, adesso nelle mani della Guardia Civil e dell’Uci, il massimo organismo mondiale del ciclismo, c’è quello di 6mila pagine, che conterrebbe – sempre da indiscrezioni – almeno altri cinquanta nomi di corridori che si andrebbero aggiungere ai 58 iniziali (Basso, Ullrich, Sevilla, Mancebo ecc). Tra i 49 corridori che figurerebbero nel nuovo dossier ci sarebbero corridori anche dell’Est e del Nord Europa. Atleti dal palmarès importante, che vengono spesso in Italia per allenarsi e corrono in squadre non ancora finite nel mirino degli investigatori.
Gli inquirenti di Madrid avevano associato il numero 1 a Ullrich, il 2 a Basso, il 4 a Botero, il 5 a Sevilla, il 7 a Unai Osa, l’8 ad Aitor Osa, l’11 ad Hamilton, il 12 a Gutierrez Cataluna, il 14 a Heras, il 19 a Zaballa, il 20 a Jaksche. Ma ci sono altri rebus da risolvere: 9-Urko; 10-Rosa; 15-Cesar; 17-Goku; 24-Clasicomano. Poi altri soprannomi finora senza identità: Guri, Azul Huri, Milan, Valv-Piti (in questo caso, fortissimi i sospetti sul campione iberico Valverde, che ha un cane di nome Pitì). Siamo all’inizio, c’è molto da fare, ma il timore è che pochi abbiano la voglia di fare ciò che hanno fatto e stanno facendo italiani e tedeschi. In Spagna fanno finta di niente, nel resto dell’Europa idem come in Spagna.
E l’Uci? Parla, fa proclami, ma si muove ben poco. Il caso di Scarponi, che ieri si è recato alla Procura del Coni e ha deciso anche lui di collaborare, ammettere in parte le proprie responsabilità e fare persino dei nomi, è eclatante. Fino a qualche mese fa correva per un team spagnolo, la Liberty Seguros di Manolo Saiz, il Moggi del ciclismo mondiale. Scarponi finisce nel dossier, i sospetti ci sono, ma restano tali. Per la federazione spagnola della quale è tesserato, non ci sono elementi per aprire un caso e viene archiviato. La Liberty in seguito alle note vicende chiude, e il corridore abruzzese trova casa in Italia, alla Acqua&Sapone. La Procura del Coni, guidata da Ettore Torri, lavora in silenzio ed entra in possesso del materiale sia di Basso che di Scarponi: entrambi sono messi spalle al muro.

L’Uci intanto, non sollecita nemmeno la Federazione spagnola ad aprire un procedimento sportivo contro Manolo Saiz, arrestato un anno fa, e figura portante e importante di tutta la vicenda «Puerto». In Svizzera fanno finta di nulla, in Spagna fanno la siesta. In Italia – udite udite – si lavora: e bene. È una consolazione magra. Meglio di niente.

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