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L’India si affida ancora a Sonia Gandhi

La leader del Partito del Congresso, che adesso sfiora la maggioranza assoluta, farà entrare il figlio Rahul nel governo del premier Singh. Netta sconfitta per l’opposizione indu-nazionalista. Crollo dei comunisti. Rahul, il Kennedy di New Delhi pronto per le stanze del potere

L’India si affida ancora 
a Sonia Gandhi

New Delhi Nonostante la crisi economica e l’allarme terrorismo, l’India ha deciso di giocare la carta della continuità e di premiare il governo guidato da Manmohan Singh al potere negli ultimi cinque anni. Dallo spoglio delle oltre 400 milioni di schede elettroniche avvenuto ieri, il partito del Congresso di Sonia Gandhi emerge come netto vincitore con oltre il 30% dei seggi del Parlamento in netto aumento rispetto alle elezioni del 2004. La coalizione progressista ha incassato un totale di 256 seggi alla Camera Bassa polverizzando l’opposizione indu nazionalista del Bjp guidata dall’ultraottantenne Lal Krishna Advani che ha deciso di gettare la spugna dopo 60 anni di carriera politica. Il partito della dinastia Nehru-Gandhi non ha la maggioranza assoluta, ma può facilmente formare una coalizione senza sottostare ai ricatti dei partitini regionali.
Il premier uscente Singh, l’economista dal turbante azzurro che ha 76 anni e due bypass, salirà presto al “colle” del Rastrapati Bhawan per ricevere l’incarico dalla presidente, la signora Pratibha Patil, che ha un ruolo molto simile a quello del capo dello Stato italiano. È la prima volta dall’epoca dello statista Jawaharlal Nehru che un primo ministro indiano ottiene un secondo mandato dopo aver completato una legislatura. È molto probabile che il suo esecutivo sarà una fotocopia di quello precedente con l’ingresso – secondo indiscrezioni – di Rahul Gandhi, il primogenito di Sonia.
La maratona elettorale indiana, durata un mese, ha anche decretato l’uscita di scena dei partiti comunisti indiani dopo tre decenni di potere in Bengala Occidentale, lo Stato di Calcutta, dove hanno cercato di imporre senza successo una politica di industrializzazione “alla cinese” bocciata dal movimento dei contadini espropriati delle terre. Il travaso di voti è andato a favore del Congresso che ha guadagnato terreno nel meridionale Kerala, altro bastione rosso, fino all’Uttar Pradesh, il mega Stato da 160 milioni di abitanti, complesso mosaico di caste e laboratorio dell’ideologia indù propagandata da Varun Gandhi, il nipote ribelle di Indira.

Le ambizioni della governatrice Kumari Mayawati, la regina degli intoccabili, che era pronta a marciare su New Delhi con il suo partito dell’elefante sono evaporate nella calura di questi giorni insieme a quelle degli altri leader regionali del cosiddetto Terzo Fronte.

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