L’industriale che non vuole vendere i suoi confetti per i matrimoni omosessuali

Paola Pelino, neodeputata di Forza Italia abruzzese, è la titolare dell’omonima azienda. «Ho raddoppiato i voti azzurri a Sulmona, feudo della sinistra»

Eccitata come una scolaretta per la sua prima intervista politica, Paola Pelino, neodeputata di Fi, mi saluta con trasporto e dice: «Sono felice di farla con lei».
«Spero di essere all’altezza», dico inorgoglito.
«L’essenziale è che esca sul “Giornale”», spiega lei.
«Ahh», mugolo deluso.
«È il primo quotidiano che il presidente Berlusconi legge. Me l’ha detto lui», dice, inconsapevole di avere ferito il mio ego.
Ci inoltriamo nella Galleria Colonna, due passi da Montecitorio, e sediamo al bar. Tira fuori dalla borsetta una confezione di confetti Pelino e me la allunga. Sono i più celebri confetti d’Italia, prodotti nello stabilimento di Sulmona di cui la signora è titolare.
«Vorrà mica corrompermi?», dico secco e faccio un gesto di diniego.
«Dottore, non faccia lo scemo» dice Pelino. Afferra la scatola e me la mette sulle ginocchia con vivacità, facendo sobbalzare la sua chioma folta e lunga. È una cinquantenne coi fiocchi. Tacchi alti, un tailleur doppio petto color avorio e un paio di gioielli che assicurerebbero la vecchiaia alle Bahamas di quattro giornalisti.
«Dopo una vita da imprenditrice, si dà alla politica. Che è successo?», chiedo.
«È nato tutto due anni fa, quando il presidente Berlusconi mi volle come quota rosa per le elezioni europee. Mi telefonò Sandro Bondi 48 ore prima che si chiudessero le candidature. Ho accettato dopo essermi consultata con la famiglia, la prima a essere penalizzata da nuovi impegni».
«Ha figli?»
«Flavia, 20 anni, dal primo matrimonio. Elvezia, 7 anni, dal secondo», dice Pelino.
«Però, non fu eletta».
«Solo per un pelino», ride e aggiunge: «Ma il risultato è stato buono. Stavolta è andata meglio. Sulmona è in mano al centrosinistra, ma io ho raddoppiato i voti di Fi. Oggi è il primo partito, davanti a Ds e Margherita», dice e si alza per salutare un altro neoeletto che ci gironzolava attorno invidioso perché lei già fa un’intervista e lui chissà quando.
«Lei è popolare a Sulmona?».
«Tanto. La mia azienda esiste dal 1783. Non abbiamo mai voluto trasferire altrove lo stabilimento, per continuare a dare lavoro in loco. Io sono la prima donna della famiglia che ne abbia preso la guida. Le altre finivano per lo più in convento. Sono presidente di associazioni culturali, Croce Rossa, Unicef».
«Perché si butta in politica?».
«Per la sola ragione che valga: migliorare la vita delle persone. Cambiare in meglio l’Abruzzo», dice virtuosa.
«L’Abruzzo era dc e oggi è a sinistra. Com’è?».
«I nostri hanno trascurato la gente. Il successo viene solo da lì. Hanno sottovalutato l’emergere della sinistra, latente da tempo».
«Com’è Ottaviano Del Turco, l’attuale governatore?».
«L’ho apprezzato in passato. Come presidente della Regione, invece, ha deluso anche i suoi. Non ha trovato l’accordo tra le varie sinistre, per le stesse liti che le dividono su scala nazionale. Anche se volesse, non può lavorare».
«Lei ha un modello cui ispirarsi?».
«Remo Gaspari».
«L’ultraottantenne ras abruzzese della Dc!».
«Ha dato tanto. Vorrei essere il nuovo Gaspari. Lavorerò moltissimo tra la gente, spero imitata dagli altri abruzzesi di Fi».
«Cos’era prima di essere Fi?».
«Ho votato Dc e Msi. Una volta Pli. Mi sono avvicinata a Berlusconi quando nel ‘93 convocò a Arcore un paio di rappresentanti per regione e ci spiegò il suo progetto».
«Folgorata dal Cav?».
«Certo. Grande imprenditore, uomo sensibile, democratico vero. Essere incomparabile che ha rivoluzionato la politica».
«Lei è protetta dal Cav in persona o ha altri santi in paradiso?».
«Il mio filo diretto è solo col presidente Berlusconi. Un uomo che stimo infinitamente come politico».
«Basta, l’ha già detto. Stia tranquilla che lo scriverò, così lui leggerà», mi spazientisco.
«Ho anche un ottimo rapporto con Bondi, uomo eccellente e dedito al partito», dice inalberando un broncetto sul viso affilato e un po’ smunto dalla campagna elettorale.
«Quel furbacchione del Cav vi sceglie tutte sul belloccio spinto...», dico quasi a me stesso.
«A vedere le nuove elette, è stata effettivamente data particolare attenzione alla bellezza: le attrici Mara Castagna e Fiorella Ceccacci, Elisabetta Gardini, Micaela Biancofiore e ne dimentico altre. Naturalmente, non parlo per me», dice bugiarda e si concentra sull’aperitivo, imbarazzata che me la stia sbocconcellando con gli occhi.
Da tempo, non vedo il Cav sorridere.
«È naturale. Per quel pelino di voti...».
E dalli col pelino.
«Sono autoironica. Vuole essere spiritoso solo lei? Per quel pelino di voti, dicevo, che non ci ha dato la possibilità di governare. Chi non avrebbe la rabbia in corpo?».
La batosta ha rafforzato o indebolito il Cav?
«Lo ha rafforzato. Il centrodestra sembrava un fenomeno passeggero. Un’irruzione di Icsos per dirla col mio conterraneo Benedetto Croce. Si è invece dimostrato presenza stabile, massiccia e maggioritaria. Anche Berlusconi non è la meteora che sperava la sinistra, ma parte integrante del panorama».
Dal suo osservatorio dei confetti, i cinque anni del Cav sono stati di ristagno economico?
«Ho venduto più confetti con lui che mai. Essendo il nostro il vero made in Italy, il suo insistere sul rilancio dei prodotti nostrani, ci ha avvantaggiati».
Con che spirito entra in Parlamento all’opposizione?
«Osserverò cosa saprà fare questo governo. Non parto prevenuta, anche se tutto finora fa pensare a una sinistra affascinata da suggestioni staliniste. Voglio fare un’opposizione a ragion veduta».
Dal governo Prodi che si aspetta?
«Baderà a salvaguardare il potere facendo poco o niente, mentre l’Italia ha bisogno di gente che si esponga. Mi piacerebbe ci dicessero cosa intendono fare di nuovo e non cosa vogliono cancellare delle nostre riforme».
Prodi dice che governerà cinque anni.
«Spero di no. Ogni anno in più, sarà un anno di guai per gli italiani».
Chi la inquieta particolarmente della nuova squadra di governo?
«Ci sono facce conosciute, a cominciare da Pecoraro Scanio. Poi nomi sconosciuti che non promettono niente di buono, tipo questo Alessandro Bianchi, ministro dei Trasporti, che ha già detto no al Ponte sullo Stretto, alla Tav e compagnia cantante, o tali Cesare Damiano e Paolo Ferrero contrari alla legge Biagi. Per spartire le cariche tra i partiti, hanno messo ideologizzati in posti tecnici».
D’Alema agli Esteri e Amato agli Interni?
«D’Alema, più che agli Esteri, lo avrei preferito all’estero. Amato, col suo grande passato, l’avrei visto volentieri scrivere i propri ricordi come Sallustio o Churchill».
Sente Giorgio Napolitano come il «suo» capo dello Stato?
«Spero sia uomo di parola e mantenga la promessa di imparzialità. Sto alla finestra, come metà degli italiani».
Fausto Bertinotti, presidente della Camera?
«Avrei preferito un comunista meno comunista, pur apprezzando di Bertinotti la cortesia e la discrezione. Spero che la carica non gli dia alla testa, guastando queste qualità».
L’abruzzese, Franco Marini, presidente del Senato?
«L’ho sempre stimato come conterraneo. Ma avrei desiderato almeno per il Senato, dove la Cdl ha preso 200mila voti più delle sinistre, una figura assolutamente non schierata».
Come imprenditrice teme la politica economica della sinistra?
«Il presidente Berlusconi era per me una garanzia. Oggi, sono al potere scrivani che non hanno mai lottato per le proprie imprese, né per salvaguardare il posto dei lavoratori».
Prodi è stato uno studioso dell’impresa medio-piccola. Sarà sensibile alle vostre esigenze.
«Prodi ha già dato prova di guardare solo alla grande impresa, tipo Fiat. Per lui, le migliaia di aziende come la mia sono entità trascurabili».
Dodici anni fa, Di Pietro voleva arrestare Prodi. Ora, per la seconda volta, come fosse un talismano, è ministro di un suo governo.
«La sinistra è caratterizzata dall’incoerenza politica. Nel caso Prodi-Di Pietro, si aggiunge l’incoerenza umana».
Se Prodi fa i Pacs, avremo matrimoni di ogni genere e lei venderà più confetti.
«Vorrei continuare a venderli alle coppie normali».
Luxuria com’è visto da vicino?
«Sembra una bravissima persona e di lei apprezzo il coraggio».
Ne parla come di una donna.
«La considero una donna perché lo desidera lei e perché così si presenta. Se però chiudo gli occhi e la sento parlare, è un uomo».
Nel centrodestra è tutto limpido o vede confuso?
«Per ora, c’è voglia di coesione in vista del partito unico».
Di quali alleati si fida meno?
«Della parte di Udc che fa capo a Follini e Tabacci. Vedremo poi se Casini sarà più attratto dal partito unico o dalle paturnie dei su citati».
Quest’anno il Cav compie 70 anni. Potrà continuare a portarsi tutto sulle spalle?
«Fisiologicamente, ha dieci anni di meno».
Col partito unico ci saranno almeno tre galli a cantare: Cav, Fini, Casini. Come sistemerebbe l’organigramma?
«Berlusconi presidente, segretario e tesoriere».


Non faceva meglio a restare tra i confetti a Sulmona?
«La gente che mi ha eletto mi vuole in Parlamento».
E lei?
«Io ci tengo a fare carriera politica e a conquistarmi il presidente Berlusconi col mio lavoro».

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