L’informazione e la nonna di Matteo

L’informazione e la nonna di Matteo

(...) perchè i titoloni erano occupati da altri presunti colpevoli.
Ecco, se possibile, stiamo assistendo a un fenomeno simile. Come se la risposta alle provocazioni di Grillo sull’informazione fosse usare lo stesso linguaggio. Come se gli unici giornalisti degni di questo nome fossero quelli che piacciono ai girotondini del momento. Come se bastasse dire che si fa «giornalismo d’inchiesta» per fare buon giornalismo. Per autodefinizione.
Personalmente sono convinto che il tempo dà torto e dà ragione. Sempre. E vedo che molti di quelli che cavalcano questa che io ritengo robaccia e loro giornalismo degno del Pulitzer, sono spesso ex comunisti che dopo aver visto crollare il loro dio, ne vanno a cercare un altro. Se possibile più nichilista, più distruttivo, più privo di scrupoli. Sempre gli stessi, prontissimi a cambiare maglietta e a reinventarsi professionisti di un’altra capacità di scandalizzarsi, ma sempre loro.
Gente che cambia bersaglio come si cambia un vestito. L’altroieri erano i professionisti dell’antimafia, pronti ad accusare Giovanni Falcone di connivenza con Claudio Martelli e a diffamare gente senza portare alcuna prova. Poi, magari, il diffamato si suicidava. Ma non c’era tempo di piangere, i nostri eroi erano già impegnati nella battaglia da professioni dell’anticorruzione, pronti ad esaltare il manipulitismo, almeno finchè non toccava i loro eroi. Altri suicidi, altri innocenti assolti, altri dolori e lutti. Ma, anche stavolta, quasi non c’è tempo di accorgersene. Perchè loro sono impegnatissimi nella battaglia da professionisti dell’anticasta.
E allora, vai con le botte. Botte verbali, botte di parole, per carità. Ma pur sempre botte. Che, a volte, fanno anche più male. Sotto a chi tocca, alla prossima vittima. A volte sono galantuomini, a volte non sono nemmeno sospettati di essersi messi in tasca una lira. Ma non basta, non serve.
C’è una cosa che mi riempie di gioia. Che questa gente sembra aver sempre meno seguito. Che chi vota se ne frega degli indignati speciali. Non perchè sia mitridatizzata, ma perchè probabilmente il garantismo è entrato nel Dna della maggior parte di noi e quindi abbiamo gli anticorpi per reagire a questa roba.
Ma c’è anche un’altra cosa, che invece mi fa male. Ci sono politici del centrodestra, (per quelli di origine comunista, è quasi normale ragionare così) che reagiscono contro questa vergogna solo quando c’è qualcuno di loro coinvolto. E che invece le danno guazza se al centro delle «inchieste», giudiziarie o giornalistiche, c’è qualcuno degli avversari politici. E invece no. Bisogna reagire sempre. Ci sono indagini che gridano vendetta perchè sono fatte male, perchè non rispettano le garanzie degli indagati, perchè violano la competenza territoriale, perchè si basano su testimonianze di gente che non sarebbe credibile nemmeno nel salotto della fantozziana contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare e che invece viene messa a verbale con abbondanza di cancellieri e timbri, che hanno anche un costo per le casse pubbliche. E contro questa roba non c’è colore politico che tenga. Robaccia era e robaccia resta anche se nel mirino ci sono Prodi e Mastella, D’Alema e Fassino. Silvio Berlusconi l’ha capito. Ed è uno dei motivi per cui gli elettori l’hanno premiato. L’onestà intellettuale premia sempre e mi fanno orrore quelli che propalano veleni su loro avversari, salvo poi difendere i loro amici, anche quando sentenze della magistatura dicono il contrario.
Ecco, io credo che a tutta questa roba, a questo giustizialismo di ritorno e d’accatto, occorra reagire. Sia quando riguarda personaggi e fatti pubblici, sia quando riguarda fatti umani. Mi piacerebbe che i genovesi si facessero sentire e urlassero la loro rabbia contro questo modo di ragionare. Mi sembrerebbe una questione di civiltà. E, spero che tutto questo possa avvenire anche con l’aiuto di questo vascello pirata che è il Giornale e che vuole essere la voce di tutte le persone perbene.
Dal canto nostro, abbiamo una grandissima fortuna. Lavoriamo in un Giornale dove la libertà di rifiutare questo modo di fare informazione è massima e la stragrande maggioranza dei nostri colleghi ne ha orrore. Soprattutto, lavoriamo in un giornale dove si preferisce rispettare l’umanità che rischiare di dare una notizia dubbia e mi piace ricordare il direttore Mario Giordano e il vice Massimo de’ Manzoni che, qualche settimana fa, quando quasi tutti gli altri giornali ipotizzavano colpe della famiglia di quel povero ragazzo che si è sparato per sbaglio a Quarto, hanno rispettato e appoggiato la nostra scelta di essere vicini al dolore della famiglia, piuttosto che puntare su un facile scandalismo. Quando l’inchiesta sarà chiusa, tireremo le somme, ma aggiungere dolore a dolore, ecco, credo sia quanto di peggio si possa fare. Essere giornalisti dev’essere incompatibile con l’essere uomini?
Di una cosa, voglio ringraziarvi. Di pensarla, su tutte queste cose, come noi. E di avercelo fatto sapere: le parole di Roberta Simonazzi; gli sms di Enrico Cimaschi; la mail di Eraldo Ciangherotti, dolcissima: «Mi piacciono le vostre penne, ancor più quando parlate di vita umana, quando mettete l’uomo davanti a tutto, anche alla carriera giornalistica. Forse proprio questo vi rende preziosi nella nostra Liguria, forse proprio questo mi fa sentire sempre più di famiglia.

Quando leggo certe cose sono piccole lezioni di vita che ricerco nei miei giornali».
Su tutti, poi, lo sguardo della nonna di Matteo con cui, un giorno, per strada, ai giardinetti, mi ha detto solo: «Grazie, complimenti a tutti voi». Con lettori così, un’altra informazione è davvero possibile.

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