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L’INGANNO DELLA SERA

L’INGANNO  DELLA SERA

Ma è proprio vero che il Corriere della sera è il baluardo della difesa della libertà di stampa, in Italia? E che, quindi, difendendolo dai tentativi di scalata si difende la libertà di informazione di tutti? Il Cdr di via Solferino (cioè il sindacato dei giornalisti del Corsera) è convinto che difendendo l'attuale proprietà si tutelano i valori più alti della democrazia e invita alla «vigilanza democratica». Eugenio Scalfari, da par suo, si è detto pronto a venire in soccorso del quotidiano milanese. Speriamo non chiedano anche l'intervento degli alpini.
Ma allora come mai, nel mezzo di tutto questo sfavillio di valori, in questa patria della libertà, uno come Piero Ostellino, liberale, autorevole editorialista di quel giornale (nonché ex direttore), nell'arco di qualche giorno ha dovuto scrivere sul Corriere ma del Ticino e non della Sera, un articolo per dire che lui non è d'accordo con la favola del De Benedetti imprenditore rappresentante del bene e Berlusconi rappresentante del male? E come mai ancora lo stesso Ostellino ha dovuto ricorrere alla pagina delle lettere del Corsera per spiegare che non condivideva un editoriale di Sergio Romano che chiedeva un intervento del presidente del Consiglio sulla scalata al Corriere?
Si dirà: scelte editoriali della direzione di via Solferino e, quindi, fatevi i fatti vostri. Benissimo. Disponibilissimi a farlo purché se li facciano anche loro e non si occupino (perché non lo ha chiesto loro nessuno) dei nostri, di fatti, ivi compresa la difesa della nostra libertà di informazione. Se devono difendere il loro orticello lo facciano ma non lo gabellino con intenti superiori di difesa del Paese. Per favore.
Alla fine cosa aveva scritto di tanto scandaloso l'Ostellino? Diceva, riferendosi ad un articolo di Scalfari che «cercare di far passare De Benedetti per il campione del capitalismo italiano è, a voler essere gentili, un paradosso; a essere realisti, una presa per il naso di chi ne ha seguito le imprese negli ultimi trent'anni. Tutti si sono chiesti come De Benedetti avrebbe potuto accettare il Berlusconi. Nessuno si è chiesto come Berlusconi avrebbe potuto accettare di entrare in un fondo del De Benedetti? A uscire meglio dall'intera vicenda», scriveva ancora l'Ostellino sul Corriere del Ticino di tre giorni fa, «finisce con essere Berlusconi che, per sottoscrivere un modesto fondo con De Benedetti, non si è chiesto come l'ingegnere abbia lasciato la Fiat, come abbia gestito l'Olivetti, come abbia venduto allo Stato macchinari obsoleti, quali siano stati i risvolti morali (attenzione: morali) della sua fugace partecipazione al Banco Ambrosiano. D'altra parte, se ogni imprenditore italiano o straniero che sia, prima di lanciarsi in un affare, andasse a cercare la pagliuzza politica nell'occhio dei suoi simili, il solo risultato sarebbe di scoprire una trave nel proprio».
Tutto chiaro, no? Sono due visioni delle cose. Noi condividiamo quella di Ostellino. E siamo d’accordo con lui anche quando dice (non sul Corriere, naturalmente, ma in un’intervista all’Unità) che non vede alcuno scandalo nel fatto che qualcuno, purché rispetti fino in fondo le leggi e le regole di mercato, provi a scalare una società quotata come Rcs. Quelli del Corriere della Sera e di Repubblica la pensano in modo diverso. Nulla di strano. Lo ripetiamo: è tutto legittimo. Però, allora, basta con le lezioncine sui valori, sui diritti, sul giornale-istituzione.

Difendano i loro interessi, a tutto il resto ci pensiamo da soli.

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