L’ingegnere del bondage confessò: «Fare male senza farsi scoprire»

RomaLe due ragazze erano consenzienti, complici diventate poi vittime. Per questo l’accusa che grava su Soter Mulè, l’ingegnere di 42 anni che ha orchestrato nella notte tra venerdì e sabato il gioco erotico nel quale una giovane ha perso la vita e un’altra è grave in ospedale, è ora quella di omicidio preterintenzionale e non più di omicidio volontario. È questa l’unica buona notizia per l’uomo appassionato di shibari, la pratica erotica giapponese che utilizza le corde e induce l’eccitazione attraverso una forma di asfissia che dovrebbe essere controllata ma che in quella notte condotta tra alcol e forse droghe e conclusa all’insegna di sesso e morte nel garage incustodito dell’Agenzia delle Entrate a Settebagni, periferia nord di Roma, ha ucciso Paola Caputo, ventitrenne di origine leccese e spedito all’ospedale Sant’Andrea la romana Federica Fantini, coetanea, che in quell’edificio fa l’usciere.
Questa mattina si terrà l’udienza di convalida per Mulè. Il gip Marco Mancinetti ascolterà di nuovo l’ingegnere e deciderà se trattenerlo a Regina Coeli, dove è detenuto. Una decisione che sarà presa anche a secondo di quanto emergerà dalle perquisizioni condotte subito dopo il tragico incidente nella casa romana di Mulè, un uomo molto conosciuto nel sottobosco capitolino del sesso estremo. È considerato un esperto di «bondage» che ama praticare e fotografare. L’uomo aveva frequentato alcuni corsi di shibari e più di una volta, a quanto pare, avrebbe praticato la legatura erotica sia con Paola e Federica sia con altre compagne di gioco. «Sono sempre stato attento alla sicurezza», ha detto agli inquirenti subito dopo l’arresto. Ma gli investigatori vogliono capire se nella casa di Mulè si nascondessero fotografie o filmati di giochi erotici in cui la vita dei protagonisti potesse in qualche modo essere messa in pericolo. Di certo inquietano alcune frasi scritte da Mulè sul suo profilo di facebook il 5 settembre: «Qualcuno stanotte è morto». Una sorta di ossessione per l’ingegnere, che già il 13 luglio aveva postato: «Picciotti, si muore». E ancora: «Il problema nella vita non è fare male a qualcuno. È fare abbastanza male, tanto male che nessuno possa credere che lo hai fatto veramente tu o che lo hai fatto di proposito», con tanto di risposta di Paola: «Saggio Soter». Sulla pagina di Mulè sul social network in poche ore si sono raccolti molti messaggi di stima e solidarietà.
Intanto i parenti di Paola piangono quella che loro ricordano come «una bravissima ragazza, religiosa». «Non riusciamo a credere che possa essere finita in un giro del genere», spiega uno zio della vittima, che però ammette che «negli ultimi quattro o cinque anni non la vedevo spessissimo perché si era trasferita a Roma a studiare». Una ragazza religiosa e di buona famiglia imbrigliata in una rete di relazioni sessuali a dir poco alternative è un quadro che solo in superficie può sorprendere: «Ogni persona - spiega la psicoterapeuta Maria Rita Parsi - ha i propri traumi e le proprie fragilità e sarebbe necessario conoscere il passato di chi intraprende questi percorsi. Alla radice, in generale, ci sono paure profonde, inibizioni profonde del piacere che per tornare a essere tale deve passare attraverso divieti e impossibilità».

Esagerazioni che potrebbero perdere il loro fascino attraverso una «educazione sessuale che finora non c’è mai stata. Spesso la sessualità, infatti, non viene fatta apprezzare. Si passa così dall’adolescenza alle visioni virtuali e spesso scompensate, squilibrate del sesso».

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