L’ingombrante coerenza di Bertinotti

È stata la settimana di Bertinotti, il quale non si è premurato di aspettare che la polvere si posasse sulla designazione alla Presidenza della Camera per rivelarci, si fa per dire, il suo programma, di più la sua visione del futuro che ci aspetta. Le cose dette non sono di poco conto, e alcuni dei suoi sodali nell'Unione prodiana ne hanno lamentato l'intempestività. E qualche giornale, che pure si è speso per rendere possibile la vittoria della multiforme armata prodiana, si è chiesto virtuosamente se la carica istituzionale conquistata non avrebbe dovuto indurre il Bertinotti a una maggiore cautela.
Tutti costoro, facciano esercizio di ipocrisia, o di dabbenaggine, mostrano di non avere ben capito cosa significhi, in concreto, il successo di Bertinotti al cospetto dei risultati deludenti di tutti i suoi compagni di cordata, da Fassino a Rutelli al duo Pannella-Boselli. I quali, con la loro litigiosa confusione, hanno contribuito a mettere in rilievo la lucidità e la coerenza di quello che Angelo Panebianco ha definito ieri, sul Corriere, «un vincitore ingombrante». Ingombro a parte, proprio del resto dei vincitori, nessuno può rimproverare al Fausto nazionale una qualche incoerenza con ciò che ha sempre detto, e con ciò che dice e pensa quella sinistra «alternativa» dalla quale proviene.
Una parte degli osservatori ha mostrato stupore per la soluzione punitiva adombrata nei confronti di Berlusconi. Costoro dimenticano che Berlusconi è stato elevato a Grande Nemico di una coalizione altrimenti impossibile. Né sorprende il ruolo affidato alla Rai di Stato destinata «a lavorare in direzione della cittadinanza e della formazione del popolo», un concetto inquietante da tempo assegnatale, in verità, da una parte ingombrante della nostra intellighentia.
Insomma, giunti alla vigilia della elezione a una delle più alte cariche dello Stato, è bene fare i conti col fenomeno Bertinotti. Il Rifondatore del comunismo italiano è stato tenuto in vita dalla caduta del «muro» di Berlino ad oggi dalla incapacità dei segretari Pds-Ds, Occhetto, D'Alema, Veltroni, Fassino, di fare del loro partito e della sinistra qualcosa di diverso da ciò che si definisce ancora una cosa post-comunista. Bertinotti può permettersi, così, di indicare al Paese il percorso in direzione di una «nuova fisionomia di società» per la quale indica a Prodi, senza suscitare reazioni, il modello di caudilli sudamericani, e cita Lula e Chavez.
Il resto del programma è da meno, dimostra però che egli si è presentato all'appuntamento col governo avendo in testa, forse da solo, quel che bisogna fare: via la legge Biagi, quanto all'economia niente sacrifici, «noi non siamo la Thatcher», i soldi vanno presi dove sono, sulle tasse Rifondazione ha idee chiare. C'è chi, come i politologi del Riformista, si chiede se è stato saggio, per Bertinotti, manifestare i suoi programmi prima di mettere piede a Montecitorio. Ma c'è una spiegazione logica, che si riferisce al suo retroterra politico. Dal congresso di Venezia dell'autunno, Bertinotti ha lavorato per dare un'immagine di sé e del suo partito più affidabile, ha fatto una scelta di governo, ha perseguito pensieri fumosi su una «non violenza» che una parte dei suoi non ha capito, ha perseguito un obbiettivo personale che gli ha attirato le diffidenze della Rossanda («il riposo del guerriero») e figuriamoci nel «movimento». Nel programma enunciato, Bertinotti ha inteso placare i timori diffusi nella sua base, intende conservare dal più alto scranno di Montecitorio la guida del partito, e dell'area «alternativa» della quale si conferma l'ispiratore e il leader. E non teme reazioni negative da parte degli alleati di governo. Né Prodi, che è dalla sua parte, né Fassino o D'Alema possono aprire un contenzioso politico. Un intoppo nella costituzione del governo potrebbe rinviare, o almeno complicare, il disegno di Prodi di mettere le mani sull'incarico agognato, di convincere magari Ciampi prima della scadenza del settennato.
La prova vera, per Bertinotti come per i suoi sodali, verrà dopo, quando si tratterà di far passare per la cruna dell'ago di una maggioranza tanto ristretta un programma per niente chiaro, e in ogni caso scombinato.
a.

gismondi@tin.it

Commenti