Gli Agnelli entrano ed escono dal «Corriere della Sera» un paio di volte, ma sempre facendo un grande affare. Entrano per affiancare i Crespi, quando sono in difficoltà economiche. Poi cedono nel 1974 la loro quota, pari al 33 per cento, ai Rizzoli per 23 miliardi di lire. Di fatto erano allepoca solo dei soci finanziatori. Un altro terzo del «Corriere» era in mano ai Moratti per conto dellEni e il restante terzo che godeva di speciali diritti era dei Crespi. Gli Agnelli in realtà otterranno il pagamento della propria quota solo nel 1977. Dopo neanche dieci anni rientrano in gioco. Vengono coinvolti da Giovanni Bazoli nella cordata che rileverà il «Corriere» dai pasticci del Banco Ambrosiano. La valutazione dellintero gruppo sarà però ridicola e pari a 9 miliardi di lire. Un grande affare, che lAvvocato saluta poco elegantemente dicendo: «Ci hanno chiamato per disinfestare». Le incrostazioni della P2 erano molte, ma laffare per gli acquirenti è stato favoloso. Già nel 1984 il «Corriere» era uscito dal tunnel con un piccolo utile di 8 miliardi.
Il peggio era alle spalle, ma gli Agnelli erano dentro. Con loro anche Mediobanca, Montedison, lindustriale dellacciaio Arvedi (che aveva il 12,5 per cento) e la finanziaria Mittel che era presieduta dallavvocato bresciano Giovanni Bazoli.Linsetticida degli Agnelli
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