L’insipienza di chi si appropria di Cederna

Tra i molti, mi restano insoluti, oggi, due quesiti: cosa sia cultura per Riccardo Chiaberge e chi creda di essere Luca Beltrami Gadola. Entrambi, in diversi modi, mostrano insoddisfazione per le mie scelte sulla toponomastica che rendono onore prevalentemente a personalità della cultura, tenendo conto degli spazi cittadini rimasti senza nome. Sono titolazioni di valore simbolico, una volta deciso di non cambiare la titolazione di strade apparentemente più confacenti ai nomi onorati. Così che sembra inutile polemizzare sui metri quadri obiettando che il povero Strehler, che io solo difesi (no Chiaberge) quando fu inquisito dagli amatissimi magistrati milanesi (e Strehler mi manifestò pubblicamente riconoscenza), «si deve accontentare di un fazzoletto d’erba in viale Jenner». Ma la materia del contendere, che accomuna il noto Chiaberge e il meno noto Beltrami Gadola, riguarda, inevitabilmente, il nome Cederna. Beltrami Gadola, non si sa a che titolo, ritiene che Antonio Cederna debba essere patrimonio ereditario della sola sinistra e non vuole credere che sul suo nome la giunta abbia deliberato all’unanimità. Anzi ironizza: «L’insipienza dell’unanimità o insipienti all’unanimità? Non c’è molta differenza».
In verità i suoi argomenti restano deboli nell’un caso e nell’altro. Infatti, arbitrariamente, egli vede nella città di Milano il luogo del male che con facile, benché lodevole retorica, Carlo Bertelli aveva indicato nella «città di ingegneri e di architetti, difficile da mobilitare sulla rinuncia a costruire: una delle grandi opzioni di Cederna». È anche mia, come ben sa chi è stato al mio fianco, Carlo Ripa di Meana in primis, attuale presidente di Italia Nostra, nella grande battaglia per impedire la costruzione di quel tragico errore che è la copertura dell’Ara Pacis, nel centro di Roma, non di Milano. E Corviale, che l’architetto comunista che l’ha costruito, Vittorio Gregotti, non abiterebbe è a Roma, non a Milano.
Ma gli argomenti di Beltrami Gadola sono ancora più insidiosi, strumentalmente opportunistici e privi di richiami simbolici, che il nome di Antonio Cederna, ancora oggi attraverso Giulia Maria Crespi, evoca per tutta Italia e anche per Milano: «Cederna fu soprattutto romano e dedicò tanta attenzione ai problemi urbanistici della capitale. Perché ricordarsene a Milano adesso? Mi piacerebbe pensare non tanto alle miserie pattizie di questa giunta, ma a una sorta di “onore delle armi”. Onore a chi combatté contro tutto quello che sta facendo l’attuale giunta, che hanno fatto le passate e che senza dubbio farà in futuro».
Dunque la giunta insipiente sarebbe stata tratta in inganno da me che ho deviato il suo assenso sul nome di Antonio Cederna ai più (ignoranti e di destra, quindi ontologicamente colpevoli) ignoto. Non onore a Cederna, quindi, ma un facile espediente: «In giunta non è andata così, niente onore delle armi, un gesto troppo intelligente e civile, invece solo il tonfo nella trappola dell’ignoranza su Antonio Cederna. Morì avendo perso la sua battaglia e noi milanesi con lui». Il supersnob Beltrami Gadola, dotato di due cognomi, finge di non sapere che, fino ad oggi, questa giunta ha chiesto e ottenuto il vincolo per il Teatro Nuovo; ha chiesto e ottenuto il vincolo per il Garage Traversi; ha chiesto e ottenuto il vincolo, da una sovrintendenza riottosa, per il garage di via Podgora; ha indicato come priorità al ministero il recupero del tiro a segno nazionale; e che, in ogni caso, se non per la loro ignoranza, per la loro non esistenza o per l’essere all’opposizione, la Lega, Forza Italia e Alleanza nazionale ai tempi delle grandi battaglie di Cederna non c’erano o non erano al potere. Beltrami Gadola ignora che il potere contro cui Cederna ha combattuto era largamente corrispondente a quello di centrosinistra che ancora oggi governa l’Italia. A Milano, ai tempi di Cederna, non c’era il centrodestra ma un variegato centrosinistra, rappresentato anche da intellettuali come Bassanini, Corbani e lo stesso Ripa di Meana. Certo, c’era Craxi. C’era, appunto. Ma, nel centrosinistra, colto, consapevole e tanto amato da Beltrami Gadola, c’erano e ci sono ancora Clemente Mastella, con la piscina a cuore e la vasca da bagno a conchiglia e Ciriaco De Mita, con la villetta di Nusco immortalata in una pagina indimenticabile di Saverio Vertone.
Forse ci vorrebbero più memoria e più modestia nel giudicare e nel disprezzare. E non credo, vorrà concedere Beltrami Gadola, che quello che fu presidente del Cnr, Luigi Rossi Bernardi, ora assessore a Milano, o l’architetto Terzi o l’ex comunista Giampiero Borghini, o Pillitteri junior, o la stessa Ombretta Colli, ignorino chi sia stato Antonio Cederna. Fossi in lui, sarei serenamente compiaciuto che la città di Milano se ne sia ricordata.

Quanto all’amico Chiaberge non capisco bene perché invece di dispiacersi dell’assenza di Camilla, intelligente, ironica, divertente giornalista, non si compiace che la cultura milanese (e italiana) sia stata onorata colmando lacune non meno rilevanti, se invece del piagnisteo (evocato da Robert Hughes) si vuole riconoscere la verità: a strade e giardini sono stati dati nomi, fino ad oggi dimenticati, di Giovanni Testori, Valentino Bompiani, Bobi Bazlen, Leonardo Sciascia, Carmelo Bene, Gino de Dominicis, Fabrizio de André, Giorgio Gaber. E ancora mancano, con tutto il rispetto per la Cederna, Ottiero Ottieri, Gaetano Afeltra, Ennio Morlotti e persino Alessandro Durini, dimenticatissimo artista e mecenate. Ne conviene Chiaberge?

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