da Milano
LInter ci ha provato. Eccome ci ha provato a perdere. Ma proprio non ce lha fatta. Ha voluto gustare lemozione che le mancava: sotto di due gol, come mai le era successo in campionato. Ha lasciato costruire al Palermo il suo bel castello di sogni, si è fatta schiaffeggiare, ha rischiato anche di più. Poi si è detta: vediamo se ce la facciamo. Figo ha messo mano al pennello dautore, Cruz e Adriano lo hanno assecondato. Et voilà: pareggio e tutto pronto per il gran finale. Serve una vittoria perchè lo scudetto sia matematico. Anche unaltra Inter. E probabilmnete lo sarà.
E, comunque, il sapor della festa non fa mai bene alla gente nerazurra. Per sua fortuna siamo in aprile e non a maggio. Ma pure lanno passato, aprile non portò buone notizie: perchè quel fine mese segnò lultima sconfitta in campionato. Ieri sera lInter ha fatto di tutto per rinvigorire il cattivo ricordo: sotto di due reti nel primo tempo, e con il rischio di prenderne il doppio. Partita strana, neppur identificabile in una serata di crisi globale. Crisi difensiva, quello sì: sembrava di riveder lInter svagata e bizzarra di certe partite degli anni passati. Dalla parte di Maicon e Burdisso è successo di tutto e Julio Cesar ha pagato il prezzo degli sbandamenti: dopo due minuti ha capito che tirava brutta aria: un innocuo tiro di Simplicio è stato deviato dal piede di Caracciolo in gol. Burdisso in ritardo nellintervento, gli altri a guardare. Poi ha intuito che non cera da scherzare quando Cassani ha preso la traversa. Ha dimostrato bravura deviando un tiro a colpo sicuro di Bresciano; ha ringraziato larbitro che ha annullato un secondo gol di Caracciolo; ha ossequiato lo stellone quando Cassani è incespicato davanti alla palla più invitante del mondo; si è sentito tramortito quando Zaccardo ha sfruttato in gol lassist di Barzagli e lennesimo svarione difensivo.
In tutto questo folleggiare palermitano, direte, lInter come se lè passata? Male, ovviamente, nella fase difensiva, onestamente nel gioco di centrocampo dove il Palermo faceva girare velocemente la palla, ma i nerazzurri tenevano miglior possesso della zona, avventurosamente in attacco dove non sono mancate le occasioni, ma pure gli errori. Subiti il gol e i primi dieci minuti di autentico tormento, che rasentava lo sbandamento, gli uomini di Mancini hanno cercato di caricare i cannoni. Ma qui ha giocato contro larbitro che ha ignorato (neppur gli avesse telefonato Moggi) un placcaggio di Cassani ai danni di Crespo. Ci poteva stare il rigore e forse una partita diversa. Così non è stato e lInter si è messa ad inseguire le occasioni. Tanta fatica e poca sostanza. Il gioco sulle fasce di cartavelina, quello a centrocampo ingrigito nella routine.
Figo si è dannato, Crespo si è fatto male, Cruz, entrato al suo posto, non ha calibrato fino al ventunesimo minuto della ripresa, quando, ricevuto un lungo cross del portoghese, ha trovato il colpo acrobatico per risollevare lanimo alla gente nerazzurra. LInter, a quel punto, aveva già cambiato faccia da un po: non più quel giocare fragilino, ma percussioni continue, decise, ad altro ritmo.
Gol sfiorati, uno segnato con Cruz (annullato con qualche dubbio), finchè non è arrivato quello buono dellargentino e, dopo sette minuti, quellaltro eccellente di Adriano pronto a deviare di testa lennesimo cross di Figo ed a cancellare il suo secondo mese di astinenza. I gol potevano diventare tre: ma Cruz se nè visto annullare un altro. Tutto sommato doveva pur restare traccia di quello stralunato primo tempo e pareggio è stato. Ora sono più lontani soltanto i 100 punti.
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