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L’Inter si fa battere da una Juve di serie B

Quest’anno il «derby d’Italia» potrà essere bissato soltanto in Coppa Italia

nostro inviato a Napoli
L’estate più grottesca del calcio italiano doveva regalare anche questa: la figuraccia dell’Inter campione d’Italia postuma che, tra le «paillettes» delle Marilyn Monroe, i po-po-po mutuati dai White Stripes e ormai tormentone in ogni stadio del mondo, gli acuti di Tiziano Ferro e i fischi assordanti rivolti alla Juventus dal pubblico del Trofeo Birra Moretti, perde con due squadre di serie B. Sia chiaro, è ancora football d’agosto e automatismi e forma sono ancora lontani dal top. I nerazzurri, affaticati dall’avventuroso viaggio di ritorno da Londra, devono forse abituarsi al peso di quel «triangolino» tricolore cucito in fretta e furia sulle maglie. Con due prove «svogliate» cedono sia alla vogliosa e dignitosa Juve, che non si è ancora rassegnata al fatto di mollare quello scudetto (ieri al San Paolo è avvenuto l’ideale passaggio di consegne), sia al Napoli che davanti ai tifosi di casa, nella serata del debutto della nuova maglia, voleva far bella figura. Con tanto di soddisfazione del patron De Laurentiis che si frega le mani, convinto di aver costruito una squadra competitiva.
Il Napoli padrone di casa non fa certo lo sparring partner, ma il clou è naturalmente la sfida che apre la serata ventilata al San Paolo. È il primo Inter-Juventus dopo le sentenze di Calciopoli. E se non ci saranno sorprese clamorose in fase di processo sportivo o una sfida possibile in Coppa Italia, sarà anche l’unico della stagione post moggiana. Pavel Nedved – durante la fase di riscaldamento - guarda con invidia quel tricolore sulla casacca degli avversari. Un titolo che aveva fatto suo a Bari prima che venisse cancellato insieme al campionato del 2005. Ora l’aspetta l’inferno della B e tra meno di un mese bisognerà iniziare la risalita verso l’élite del calcio italiano e la cancellazione di quell’handicap dei punti di penalizzazione. Intanto i bianconeri si tolgono la soddisfazione di battere i nuovi campioni d’Italia con un golletto di Zalayeta, l’eterna riserva che in serie B sarà un lusso. Ed è già una piccola vendetta per quello «scudetto» scucito dalle maglie, nonché un piccolo sorriso per i tifosi juventini (ieri soprattutto televisivi) in un’estate di sofferenza.
La partita forse più attesa del calcio di agosto non vede protagonisti Vieira e Ibrahimovic, che nella diaspora bianconera hanno preso la direzione di Milano. E non ci sono nemmeno (se non come spettatori) gli unici azzurri mondiali rimasti alla Juve – almeno per ora -: Buffon, Camoranesi – che ama ricordare come «l’Inter se la fa sempre sotto contro i bianconeri» - e Del Piero saranno premiati nel corso della serata. Sembra quasi irreale non vedere la consueta passeggiata sul campo di Luciano Moggi, che proprio da queste parti ha costruito le sue prime fortune da dirigente. In tribuna, a rappresentare il nuovo «governo» bianconero c’è il suo successore, il giovane Alessio Secco. Arrivato in fretta e furia da Torino dopo l’incontro dei vertici della società con David Trezeguet, ancora lontanissimo da un accordo con la società.
Sembra irreale non vedere gli scatti di Emerson o i recuperi di Cannavaro e Thuram o ancora le cavalcate di Zambrotta. Ormai queste giocate saranno prerogativa dei tifosi spagnoli. Sono invece reali i fischi che piovono sulla Juventus dalle tribune del San Paolo, il coro «chi non salta juventino è» e uno degli striscioni esposti in curva B e dedicati alla sentenza (giudicata vergognosa) della Corte federale: «alla Juve -30 si dimezza e si accontenta». La curva opposta risponde con un «Ladri!» quasi ingeneroso per i giovani ragazzi di Deschamps.
Doveva essere la partita dei veleni, dopo le vicissitudini estive e il presunto «sgarbo» fatto sul mercato per Vieira e Ibrahimovic. Ma i veleni si fermano a un paio di duri interventi juventini, entrambi puniti dal redivivo internazionale Messina con il giallo.

E alla fine anche la moviola a bordo campo, esperimento tentato per la prima volta in Italia, rimane inutilizzata.

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