Riccardo Signori
da Milano
Prego, riavvolgete le bandiere del Liverpool. E lasciate sventolare quelle nerazzurre. Forse è lora. Stasera San Siro sarà pieno, come si trattasse di una finale di coppa Campioni. Storie vissute quarantanni fa. Forse è lora perché lInter torni a dire: stasera ho vinto anchio. Novanta minuti per inseguire la prima notte di quiete. Quiete con se stessa, con la propria storia, le proprie ambizioni. Daccordo, la coppa Italia non è la Champions e neppure lo scudetto, però lInter ha perso labitudine a rappacificarsi con storia e blasone da almeno sette anni. Bisogna tornare a Parigi 1998, coppa Uefa fra le mani: in panchina stava Gigi Simoni, in campo Ronaldo e altri dieci, Moratti viveva ancora nei suoi sogni e già nelle sue contraddizioni.
Questa sembra proprio unaltra storia ed unaltra epoca. Anche una finale che conta meno. Ma che vale molto di più sotto altri aspetti. Non cè che da attendere e magari tener docchio il suggerimento di Mancini: «La partita va giocata con grande voglia e ritmo fino al novantesimo». Il Milan di Istanbul stavolta è proprio un alleato. Il 5 maggio dello scudetto mancato un ricordo che non va cancellato. Ma, fatti gli scongiuri e cancellati gli eccessi dottimismo, cè tutto perché stavolta il salmo calcistico di San Siro finisca in gloria: lInter scortata dal 2-0 realizzato domenica sera allOlimpico e fatta sicura dai gol di Adriano, Totti che pensa al matrimonio, Cassano al divorzio (dalla società). Roma che ha già testa al futuro, se non alle vacanze, Inter con giocatori contati avendo ceduto Adriano, Cambiasso, Javier Zanetti e Karagounis a quei ct così testoni e poco psicologi. Ma bastano quelli che restano, anche se Mancini forse non riuscirà ad inserire Veron, ancor convalescente e con un affaire familiare da risolvere. «Mio figlio mi chiede di andare alla Juve, ma io preferisco lInter», ha raccontato ai giornali argentini. Verrà, invece, ripescato Cordoba, pronto a vestire la fascia di capitano, come il destino volesse premiare un giocatore che merita di ricevere quella coppa fra le mani. Secondo le migliori tradizioni, la gente nerazzurra farà di tutto per metter un po di thrilling nella sua partita: allandata Cassano ha fatto la grazia nei primi minuti. Qui potrebbero far danni le tre punte romaniste. Mancini tiene tutti ad antenne alzate. «Abbiamo 60 probabilità di vincere, però siamo con uomini contati e la Roma dispone di giocatori straordinari. Dobbiamo cercare di giocare una grande partita e chiudere la stagione alla grande». Discorso che non può minimamente prendere in considerazione lennesimo scivolone. Il contraccolpo sarebbe troppo forte. LInter ha fatto e visto di peggio. Ma a tutto cè un limite.
Per risollevarsi dalla depressione non basterebbe nemmeno lacquisto di Ronaldinho, giocatore che piace a tanti, un po meno al tecnico. «Non so se sia il massimo: ognuno ha la sua opinione. Certo, è uno di quei campioni che fanno la differenza». Molto diversa la risposta su Samuel e Pizarro, giocatori in orbita nerazzurra. E lallenatore conferma, seppur con formula indiretta: «Samuel? Non posso dire che non sia un ottimo giocatore. Non credo di essere lunico a pensarla così.
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